mercoledì 18 novembre 2020

Resti Presenti, Rovine Future

 Sabato 14 novembre 2020 alle ore 11.30 viene inaugurata la personale dell’artista Link Hg (Nicolò Andreatta) Resti presenti, Rovine future - Un dialogo tra l’essere umano e i luoghi abbandonati nel tempo, dal Piranesi al postgraffitismo”.

L’artista presenta una serie di opere grafiche-pittoriche di grandi dimensioni a cura di Adolfina de Stefani.

Il progetto “Resti presenti, Rovine future” nasce dall’analisi di una realtà scomoda:

la presenza di rovine architettoniche che coinvolgono tutto il territorio italiano. L’artista guarda alle rovine interrogandosi sulla loro valenza simbolica: che cosa significavano questi resti per gli uomini del passato? Quando una rovina si può definire tale e che come si possono interpretare e vivere questi luoghi ormai abbandonati?

Basandosi su documentazioni storiche quali le Antichità Romane Tomo I, Tomo II, Tomo III si può notare come il tema dei resti architettonici abbia fortemente interessato la produzione artistica del ‘700 di Gian Battista Piranesi, lasciandoci in eredità una vasta raccolta di riflessioni. Tuttavia, il fascino delle rovine non è andato perso nel tempo e il poter dare vita a ciò che gli altri ritengono ormai morto è un tema ricorrente nella scena artistica attuale.

L’artista concentra la sua produzione attraverso la creazione di interventi site-specific non invasivi in zone urbane dismesse, con il fine di riqualificarle dando loro nuova vita e significato.

In questo caso, Nicolò Link Hg Andreatta sviluppa la sua ricerca creativa partendo dalle incisioni di Piranesi, per poi reinterpretarle secondo la sua visione contemporanea. Si creano così delle realtà oniriche nelle quali passato e presente coesistono e dialogano tra loro. “Resti presenti Rovine future” pone degli interrogativi urgenti sullo spazio e su come noi lo percepiamo in base al nostro vissuto quotidiano. Che cosa dà vita ad un luogo? E’ fondamentale un costante intervento umano oppure la semplice attribuzione di un significato basta come condizione necessaria e sufficiente per rendere un luogo significativo?

14 – 30 novembre 2020

tutti i giorni

11.00 –18.00 ingresso libero

www.visionialtre.com| infovisionialtre@gmail.com adolfinadestefani@gmail.com| +39 3498682155 VISIONI ALTRE Campo del Ghetto Novo 2918 – 30121 VENEZIA









sabato 7 novembre 2020

VEDERE ATTRAVERSO

VEDERE ATTRAVERSO
Bipersonale di Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani
12 - 27 agosto 2017

Oratorio di SANTA MARIA ASSUNTA | SPINEA | VENEZIA
presentazione e testo critico a cura di 
Barbara Codogno 

PRESENZA
Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani


“L'Oratorio è genius loci perfetto per ospitare questa doppia esposizione, che possiamo leggere come un continuo rimando al doppio, e al suo scavalcamento.
Genius loci come entità naturale e soprannaturale, legata a un luogo e a un oggetto di culto. Un luogo che per i romani pagani andava precisato nel suo carattere di indefinito sessuale:
sive mas sive foemina (che sia maschio o che sia femmina), non solo perché non se ne doveva riconosce il genere, e perché nel luogo sacro si aveva fusione di maschile e femminile. Il doppio diventava Uno. 

Così come l'uno diventa due. Perché due sono gli artisti, Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani. Due figure che giganteggiano all'interno del panorama dell'arte contemporanea nazionale. Non solo per la loro febbrile attività di curatori, galleristi, organizzatori, soprattutto per la produzione artistica che li porta continuamente a esplorare nuovi linguaggi, usando e abusando di materiali diversissimi.

L'esposizione titola “Vedere Attraverso”; e se già lo sguardo è doppio, in quanto due sono gli artisti, i loro occhi riverberano lo sguardo, lo moltiplicano, scrutando a vicenda la reciproca interiorità. Come a dire che uno non vede senza l'altro. O meglio: che l'uno non può vedersi senza l'altro.
Alla duplice visione, con l'occhio che come un caleidoscopio mistico distorce e allucina la visione, i due artisti aggiungono la trasparenza del materiale principe usato per questa esposizione.

Siamo in un Oratorio dedicato alla Madre del Cristo; luogo della preghiera che a partire dalla Controriforma Cattolica diventa come un'appendice - staccata e personale- dal corpo della Chiesa. Luogo separato, più intimo, personale, dove eleggere a referente della propria preghiera non più il Padre ma talvolta un Santo, molto spesso la Madre.
Nella Chiesa si celebra il rituale liturgico, la grande macchina teatrale della Santa Messa, dell'Eucarestia, della Cerimonia della nascita e della morte del Figlio. Nell'Oratorio c'è la preghiera nascosta, individuale, liberata dalla ritualità.
La preghiera ha bisogno di luce per essere vista: si prega accendendo una candela.
E la candela è fatta di cera. Un materiale millenario, che l'uomo ha preso dalle api e impiegato sin dall'antichità per attività le più diverse; usato dagli egizi tanto per impermeabilizzare le navi come per imbalsamare le mummie.
Un materiale duttile e trasparente in grado di trattenere, come l'ambra, talvolta piccoli insetti, particelle di pulviscolo, piume.
In questo luogo privato e sacro, i due artisti lavorano con il materiale della preghiera, riempiendone le piccole edicole, le fessure, gli spazi concavi e segreti delle mura sacre con quote di cera da cui spuntano dettagli anatomici. Sono porzioni di corpo: mani, dita, piedi. I loro.
Nel luogo dove il corpo di Cristo si fa Eucaristia per onorare il sacrificio imposto da questa religione dell'anima, il corpo degli artisti si fa unica statua di cera che celebra la commistione pagana e mistica dei due.
Ecco allora che “vedere attraverso” l'immanenza del corpo diventa una grande metafora dell'arte, e dell'amore. Perché il corpo è transitorio, ma se noi lo santifichiamo attraverso il gesto creativo dell'arte ( non è quello che ha fatto dio? ) allora il corpo supera se stesso. Diventa eterno, sacro. 

Rispetto al corpo, i due artisti propongono una riflessione anche sul suo essere luogo di centralità, di verità. Sappiamo tutti come la vista sia stato uno degli argomenti cardini affrontato da Aristotele nella trattazione della “Metafisica”. Per il grande filosofo greco la vista era il senso più importante, in grado di farci conoscere meglio il mondo. Per Aristotele il fenomeno della visione era reso possibile dalla presenza del diaphanes, ossia di un elemento diafano e trasparente, che funge da mezzo intermedio, la luce.
Ma come apparirà la visione se gli occhi sono velati di cera? 

L'esposizione “Vedere Attraverso” ci propone anche cinque immagini in bianco e nero che raffigurano degli occhi; sono immagini fotografiche ingrandite e ritoccate alle quali è stato sovrapposto un leggero strato di cera.
Immagini massimamente poetiche e piene di riferimenti colti. L'occhio velato di lacrime, l'occhio che Buuel spalanca e deflora, l'occhio della Statua di marmo che noi immaginiamo con timore possa animarci, come ci ricorda Galatea.
Vedere attraverso comporta allora la pulizia dell'occhio dal peso di un velo che offusca la realtà. Quel velo di cui parlava il filosofo Schopenhauer, che ci impedisce di cogliere il mondo com'è, perché noi vediamo il mondo come lo desideriamo. La nostra volontà ci porta a creare il mondo attraverso il nostro desiderio e a non guardarlo nella sua verità. 
Sorge allora la domanda: sappiamo elevarci dal corpo - che poi è metafora di una realtà bassa, contingente, volgare - sappiamo superare, vedere attraverso, questo velo di ombre ed elevarci? 

Ecco che l'opera realizzata dai due artisti con il neon di luce bianca ci dà la risposta. L'opera titola “Leggere l'Infinito”. E sembra proprio che all'interno di questo luogo privato e sacro, grazie all'arte che nasce dal corpo, i due artisti abbiano voluto condurci alla visione dell'infinito.  
Barbara Codogno

Durante il vernissage, i due artisti, celebri performer, realizzeranno una loro performance dal titolo: “Omaggio alla Donna” con la poesia di Pier Paolo Pasolini “Supplica a mia Madre”. In un Oratorio dedicato alla Madre del Cristo, luogo in cui si esplora il sacro, il corpo, l'infinito e il vedere attraverso per raggiungere la verità, la presenza della Madre, anche quella terrena, è presenza che nel darci la vita ci traghetta verso la conoscenza. Importante renderle omaggio. 

Il sodalizio tra i due performer e artisti contemporanei Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani nasce nel 2000 ed è caratterizzato da una sorta di nomadismo operativo che li vede impegnati in una esplorazione parallela nei numerosi percorsi dell’espressione artistica. Apprezzati esponenti nello scenario dellacultura artistica sia in Italia che all’estero, la loro espressione si articola attraverso la performance, l’installazione e la ricerca multimediale, con particolare attenzione alle tematiche attuali. Emergono con estrema chiarezza le azioni di carattere universale con l’intento di favorire l’incontro del grande pubblico con i linguaggi contemporanei. 

Vedere Attraverso bi-personale di Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani 
12 -27 agosto 2017 

giovedì 5 novembre 2020

ABISSO – Un Fine Settimana, dell’artista, poetessa e scrittrice Dorothea Tanning


ABISSO – Un Fine Settimana

 

di Dorothea Tanning


 Traduzione testo dall’inglese in italiano di: 

Alessandro Zanini

  

Disegni di:

 Laura Spedicato

  

a cura di: 

Adolfina de Stefani

 

 

Sabato 5 settembre 2020 ore 19:00

 

            Dorothea Tanning pubblicò il racconto Abyss in Zero: A Quarterly Review of Literature and Art, Nos. 3-4 tra l’autunno del 1949 e l’inverno del 1950 (pp. 138-150). Ne ampliò la trama per la pubblicazione nel 1977 e di nuovo nel 2004 per la versione definitiva del romanzo breve intitolato Chasm: A Weekend. Per oltre mezzo secolo l’Autrice intagliò le molte facce del gioiello che ruota e irradia la sua saggezza sopra a un arido deserto umano e culturale. La visione prende corpo nel corso delle epoche in questo modo.

 

            Nel 1682 Destina Kirby sposa il marinaio Tray Thomas, primo ufficiale della nave Georgic (un possibile riferimento alle Georgiche di Virgilio, opera dedicata alle virtù del lavoro della terra), che affogherà in mare. Dieci anni dopo, nel 1692, Destina Kirby è ingiustamente condannata per stregoneria e bruciata sul rogo. Quando sua figlia, la seconda Destina, viene messa in salvo su un carro di straccioni di provenienza ignota ha solo sette anni. Così come la nostra contemporanea Destina Meridian. Acqua e fuoco. Il Re affogato e la Regina arsa.

 

            Molto tempo dopo, ai nostri giorni, nel Windcote Ranch (Windcote: “Riparo dal vento”), situato nel più selvaggio e isolato deserto americano, il folle e deviato inventore Raoul Meridian intreccia trame di potere e amministra loschi affari con personaggi di alto profilo istituzionale nel corso di feste dal surreale dress code. Insieme alla giovane e disturbata governante Nelly, che ha chiamato a sé da una casa per giovani criminali, conduce inoltre, in evidente contrasto, una saltuaria parvenza di normalità con l’anziana e saggia baronessa e  con Destina, oscura e sognante bambina di sette anni che sembra obbedire a leggi proprie.

 

            Quando su invito del padrone di Windcote giungono ospiti del ranch la splendida modella hollywoodiana Nadine Coussay e il suo promesso sposo Albert Exodus, un pittore irrisolto, tutti i quattro elementi radicali della natura (rizòmata) -: Fuoco Zeus-Giove, Aria Era-Giunone, Acqua Nesti-Persefone, Terra Ade - sono finalmente presenti e i nodi del tempo possono essere sciolti. Trova il luogo e la formula, scrive André Breton in Arcano 17. Tanning trova entrambi a Windcote e la baudeleriana foresta di simboli ci parla qui nel deserto d’America. 

 

            La baronessa e il dodecaedro: il romanzo è strutturato in dodici capitoli preceduti da una introduzione (Cronologia) e sono dunque tredici. I personaggi umani che animano il romanzo sono dodici. A buon diritto è forse il puma (o leone di montagna) il tredicesimo personaggio. A meno che non lo sia il capostipite Tray Thomas. In tal caso, anche qui il cerchio si chiude. Tredici è il numero ideale di componenti di una congrega di streghe (coven): dodici streghe, maschi e femmine, e la guida della congrega: la Grande Sacerdotessa o il Grande Sacerdote. Tredici erano i poliedri archimedei o semiregolari. E Destina è effettivamente la Melusina dei surrealisti, movimento artistico al quale Dorothea Tanning appartenne già nella prima metà del Novecento, la magica figlia dell’amore in grado di visitare le profondità della terra e compiere l’Opera.

Alessandro Zanini


            Il tempo, elemento sfuggente e dominante, segna, scandisce le vicende di più vite nell'opera di Dorothea Tanning. Tempus è una degli elementi da dominare per compire la Grande Opera degli alchimisti e sicuramente è la chiave che apre le porte dell'opera Chasm, A weekend, che già nel titolo pone al fruitore un limite, un inizio ed una fine.

            Sette, sette, sette....questo numero ricorre come mantra come un gap nella linea temporale continua. Una nascita, una svolta, una cambiamento, come se al settimo di qualcosa si ricominciasse un nuovo ciclo lunare. La notte è il momento dell'azione, la cena, il ritrovo; il grigio argenteo, artemideo ed incerto quanto irto di pericoli tra luce flebile e ombra, è il colore che pervade le scene come una pellicola in bianco e nero con fili di rosso sottile che è ben diverso dal rosso-giallo diurno ed accecante del deserto e della roccia che emerge dalla terra e che, come uno specchio, luna diurna, restituisce i raggi del sole e il suo calore intenso, primo padre della dinastia di Destina.

            Il tempo acquisisce una duplice parallela esistenza nel romanzo. Una esistenza decifrabile, scandita, chiara, un tempo profano entro cui personaggi frivoli e con poche esigenze si muovono senza risolvere la loro vita, ma esaurendola in modo superficiale o contorto, tagliato, in gabbia. Vi è poi l'altro tempo, quello che prende un unico infinito respiro, quello che è sospeso, quello astrale, quello in cui si muove l'imperatrice bambina in perfetta sintonia con creature evanescenti e in cui assorbe coloro che vivono vicino all'abisso, coloro che cercano l'ingresso della vera esistenza, che anelano alla verità profonda e che, seguendo quella piccola luce all'orizzonte, tra due colonne turrite come il rosone mediatore in una cattedrale gotica, attraverso la morte, il sacrificio estremo, vivono la loro resurrezione, la loro iniziazione.

            Questo è il Deserto Ermetico, la linea sottile della matita sul foglio caldo, morbido, tutto nasce e muore entro il deserto, la cui unica fonte di vita è lontana o incerta, tutto si evolve o si determina entro la spirale di Windcote. Tutto si compie ai margini dell'Abisso, ma il primo passo è trovarlo.

Laura Spedicato

             Parlare di questo romanzo è come aprire cento porte sul mistero della vita. L’autrice Dorothea Tanning in Chasm, A weekend (ABISSO – Un fine settimana), scandaglia e descrive nel suo immaginario non solo la vita a lei destinata, ma ricerca anche le vite che le sono appartenute, un percorso lungo, e realizza nel dettaglio un’opera surrealista e l’evolversi di un destino crudele. Un viaggio nel mondo dell’arte attraverso il mistero della psicoanalisi. 

 

            Tutti i personaggi che ne fanno parte sono descritti minuziosamente e si ritrovano insieme a trascorrere un fine settimana. Durante il “convivio” frugale le caratteristiche del bene e del male di ogni personaggio presente, sono messe a nudo attraverso giochi di parole.

 

            Nel luogo impervio dove la struttura architettonica assai barocca assomiglia alla mente arzigogolata del suo costruttore Raul Meridian, rude padre di Destina, la fanciulla di sette anni, meravigliosa quanto misteriosa, che appare e scompare come un puma - DESTINA- dirige con il suo potere magico la sorte degli ospiti. Ospiti che rappresentano i personaggi e che, in qualche modo, hanno influito nella tormentata esistenza dell’Autrice.  A ognuno la propria sorte.

 

            La baronessa, protagonista al pari di Destina, conosce i misteri invisibili della mente, imperterrita suona il pianoforte nascosta dal suo cappello a larghe balze nell’angolo più buio del salone in cui ha luogo il convivio. 

 

            Destina è protagonista e artefice immaginaria e invisibile di ogni azione e ogni pensiero. Ed è proprio qui, in questo luogo che “non le appartiene”, che si appropria della sua identità, quell’identità inconscia ricercata fin dalla nascita, ispiratrice del suo percorso artistico nel mondo dell’irreale. 

 

            A questo si aggiungono le ragioni di scrivere, o forse ultimare, il suo ultimo scritto, alla fine della propria vita, durata 104 anni.

 

         Tutta la narrazione, anche se surreale, si presenta con una rigidità quasi disumana. Affiorano le tensioni di coppia, la superficialità dell’essere umano, la gelosia, la violenza, l’ingordigia.

Un’opera sull’opera, nella quale la scrittura si sovrappone alla pittura. 

 

Adolfina de Stefani



 Per comprendere l’opera dell’eclettica artista surrealista 13 artisti invitati dalla curatrice Adolfina de Stefani presenteranno al pubblico una eterogenea e ragionata selezione di lavori diversi per linguaggi e ricerche, per individuare pretesti d’indagine verso nuove significazioni della complessa opera di Dorothea Tanning. 

 

Durante la presentazione l’artista Antonio Irre darà vita a un’azione performativa tratta dal romanzo ABISSO – Un Fine Settimana di Dorothea Tanning.

 

Pittura, scultura, installazione, azione performativa invaderanno lo spazio espositivo senza soluzione di continuità, per sviluppare un complesso percorso espositivo.

 Gli artisti invitati sono: 

Mirta Caccaro, Barbara Cappello, Andrea Dal Broi/Nicolò Andreatta, Adolfina de Stefani, BarbaraFurlan, Anna Laura Longo, Antonello Mantovani, Sabina Romanin, Rossella Ricci, Claudio Scaranari, Marilena Simionato, Moreno Ugo, Fanny Zava.



di Mirta Caccaro;


TRAMA DEL TEMPO – Vite Incrociate | 2020

lavoro/collage su nove tavole realizzate con tecnica mista, tra cui il frottage

unite tra loro per realizzare un grande "arazzo", 


 

Barbara Cappello 

ILLUSIONI | 2020
Foto digitale su carta di cotone Arches 90 gr, cucita a macchina su carta Arches 300gr,
 interventi con filo argento. Il tutto intelaiato su tela;
cm 40x40 cadauna - trittico

Cruda immagine induci il respiro nell’affanno di uno sguardo ipermetrope.
La cornea è una ellisse che orbita nel magnetismo del tuo mondo.
Mentre la pupilla trafigge il sogno del mio Universo sino al cono stretto della verità svestita.

Essere davanti al fatto reale pone la presenza lucida di stravolgerne le immagini. Le sensazioni si concretano, come sabbia bollente del deserto, in un turbine di tempesta inattesa. Come riuscire a respirare se non proteggendosi con drappo di seta profumata di ricordi? La perdita di sé nella verità che si profila davanti alla correzione visiva delle lenti positive, spesse come il fondo di una bottiglia di champagne, induce a vedere, finalmente, dentro il proprio abisso. Nel buio. Nell’immensa densità delle molteplicità dell’Ego.

Eccoti. Eccomi. Tento il rialzo del mio corpo. È il tuo. Tuo di colei che ha sostituito il mio. Mio di colei che avrei voluto, forse dovuto essere. Divina. Abbacinante immagine di me che sono te e di te che sono me. Ti trattengo nell’argento del mio volere fragile. Sei colei che ha trafitto le mie carni con il prezioso coltello che egli sfodera nell’amore; per tagliare, per mangiare, per amare. Sono io. Sei un fiore delicato, che strappato alla terra essicchi nella sofferenza della tua bellezza dorata. Sei il sogno della fragranza appena sbocciata del giacinto. Sono io. Sei l’illusione del mio mondo nell’amore. Fragile. Crudele. Schiava. Libera. Sono io. Sei tu.

Un trittico in cui ogni pezzo riporta sulla carta l’impressine fotografica di questa, quella donna che innanzi alla visione del tradimento subito costruisce l’illusione del fatto. Si identifica e contrasta al tempo stesso, perché il suo mondo costruito in questo amore è stato violato. Al contempo si illude di essere lei. Il dolore e il piacere si fondono, non solo nella carne, ma anche nel cuore, nello spirito, perché è il nutrimento di cui ella necessita: illudersi di essere e non essere come gioco perenne del suo destino. Tanto che i fiori essiccati ne riportano la fragilità. Mentre le cuciture ne tracciano la violenza del tradimento e le immagini inducono al gesto del tentativo di rialzarsi se pur trattenuto dalla realtà nel proprio essere.


 

 Andrea Dal Broi/ Nicolò Link Hg Andreatta


TRASFORMAZIONI | 2020

Tecnica mista. 24x38cm.

Per la seconda volta Nicolò LinkHg Andreatta e Andrea Dal Broi presentano un lavoro in collaborazione con Galleria Visioni Altre per una rappresentazione visiva distillata in 12 capitoli del libro scritto da Dorothea Tanning “ABISSO - un fine settimana”.

Nell’opera viene preso in esame il dodicesimo capitolo, andando ad indagare sull’invidia, figura dalla potente carica evocativa,
qui raffigurata nei dettagli del soggetto: la testa di un caprone smembrato da un branco di lupi, figura luciferina nell’immaginario collettivo, spesso vista in sostituzione del diavolo stesso.

Il parallelismo tra i comportamenti subiti dal personaggio principale e il soggetto rappresentato, mette a nudo le dinamiche esistenziali più arcaiche e fameliche che i singoli possono sviluppare nella forma gruppo.

La scelta di una cornice eccessiva, barocca, che non passa inosservata, accompagnata da un pass par tu nero, va a completare il senso di vacuità che l’emozione dell’invidia lascia a se stessa.

 

Adolfina de Stefani 

DESTINA | 2020  olio su tela cm 70x120
L'artista tenta di penetrare nel cuore del racconto, indagando la figura di DESTINA, 
attraverso il gioco degli scacchi. Gli oggetti rappresentati diventano il punto di partenza per un percorso catartico che nega il concetto del tempo e dello spazio; 

Barbara Furlan 

DEVI SOLO SEDERTI E MANGIARE QUESTA CENA | 2020
Tecnica ad olio e gessetti su tela. 148x106cm.

Con una tela di grandi dimensioni l’artista rappresenta la tavola imbandita sulla quale il rosso sanguigno,
colore dell’esaltazione, predomina e invita i presenti a servirsi.


Anna Laura Longo

Collo-Scultura | 2020
L'artista fa un chiaro riferimento alle installazioni tessili di Dorothea Tanning in COLLO-SCULTURA, opera  in ferro di ispirazione surrealista, con elementi oblunghi.  C'è un rimando a una sartorialità concettuale, con una trasposizione dal tessuto al metallo;


Antonello Mantovani

MASCHILE e FEMMINILE | 2012
Le due sculture si integrano e diventano complementari nell’opera scultorea di Antonello Mantovani e nell’immaginario si uniscono a strane mescolanze che concorrono al metamorfismo modificando il mondo fisico intese come incrocio e fusione di uomo e animale;

Sabina Romanin 


Looking | 2020

Tecnica collage tessile e ricamo manuale. 39x33cm.

Una figura colta di spalle, ferma ad osservare con perplessità la “costruzione” tessile davanti a sé. Forme irregolari dall’aspetto incongruente e minaccioso creano una “pace straniante”. L’ossimoro sottolinea come l’aspetto rassicurante, che ci si aspetterebbe dalla domesticità dell’elemento tessile, venga contraddetto dall’inquietante costruzione. Essa è infine circondata da un arabesco rosso che fa riferimento alla duplicità di vita e morte. La figura di spalle osserva e non si pronuncia.


Rossella Ricci 

ATMOSFERA | 2020  Collage. 110x60cm.

L’artista ha cercato di ricreare quell’atmosfera che si riscontra nel corso della lettura del romanzo di Dorothea Tanning, come pure la ricerca dei simboli, fiori e montagne aride, assemblandoli in un collage di carte ritagliate da riviste dell’epoca.

 

Claudio Scaranari

MANIDIPOLVEREDILUNA 2020

scultura in resina trasparente. 38x29cm.

Manidiviolino, Manidiacqua, Maniblunotte, Manidinuvole L’artista indaga il movimento delle MANI, elemento fisico necessario non solo all’esecuzione, ma anche per indicare presenze quotidiane o remote.

 


 Marilena Simionato 

NADINE | 2020   Tecnica mista su cartone. 77x53cm.

L’ artista ha cercato di dare forma alla vita di NADINE, a partire da quel passato trascorso continuamente in fuga. Nell’opera lo strappo sta a significare quella parte di esistenza che vuole cancellare. Poche immagini, che fanno riflettere, per trovare la sua vera essenza.


Moreno Ugo

RITMO DEL SOGNO | 2018

nell’aria immobile di un salotto, 

Il raccapriccio per la tragedia imminente, il segreto, il mistero distillato in gocce di oppio rosso.

…… l’origine di quel ruolo si trovava difronte a lui, comico, patetico e a pezzi, ricordava il fondale malconcio di un teatro vuoto… cherubini.

 


 Fanny Zava
GELOSIA - ABITO DA BALLO della brama di dominio | 2020

Pastello acquerellabile su cartoncino. 35x50cm.

disegno a matite colorate dove viene evidenziato l’ABITO DA BALLO della brama di dominio. 

Tema molto sentito nel mondo femminile.





COME VIVREMO IN UN PROSSIMO FUTURO? How will we live in the future?

 COME VIVREMO IN UN PROSSIMO FUTURO? | How will we live in the future?

18 maggio – 15 ottobre 2020

A cura di

Adolfina de Stefani 

Aperture 18 maggio – inaugurazione con presentazione del progetto e gli artisti 

Sabato 30 maggio ore 19.00

 

Durante la presentazione del 30 maggio 2020 alle ore 19.00 I due artisti Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani daranno vita ad una azione performativa dal titolo “Cento centimetri - distanziamento sociale” dove saranno coinvolti tutti I presenti, siete invitati tutti a partecipare.

 

COME VIVREMO IN UN PROSSIMO FUTURO? | How will we live in the future? 

Gli artisti che ne fanno parte, sono i protagonisti di una nuova stagione artistica che avrà come inizio il 18 maggio 2020.

VISIONI ALTRE  Campo del Ghetto Novo 2918, 30121 VENEZIA.

 

Un’avventura che inizia con la presentazione di opere di vario genere ma tutte con un denominatore comune e che avrà il suo consolidamento con una serie di incontri e azioni che ci  permetteranno di cogliere  le tante sfumature del tema proposto attraverso la lente di artisti differenti, impegnati nella ricerca e nella sperimentazione su tutti i fronti.

  

Prendendo spunto dal significato del titolo scelto : Abbiamo bisogno di un nuovo contratto spaziale. In un contesto caratterizzato da divergenze politiche sempre più ampie e da disuguaglianze economiche sempre maggiori, chiediamo agli artisti di immaginare degli spazi nei quali possiamo vivere generosamente insieme come esseri umani che, malgrado la crescente individualità, desiderano connettersi tra loro e con le altre specie nello spazio digitale e in quello reale; insieme come nuove famiglie in cerca di spazi abitativi più diversificati e dignitosi; insieme come comunità emergenti che esigono equità, inclusione e identità spaziale; insieme trascendendo i confini politici per immaginare nuove geografie associative; e insieme come pianeta intento ad affrontare delle crisi che richiedono un’azione globale affinché possiamo continuare a vivere”.

L’artista è posto di fronte ad una rinnovata responsabilità: quella dell’uomo, il suo rapporto con la natura, con l’ambiente, con la società che mai come in questo momento particolare il mondo intero sta vivendo, ed è chiamato a dare delle risposte, a delle soluzioni a dei cambiamenti se non vogliamo l’estinzione dell’essere umano sulla terra. 

Oltre alla pittura e ai linguaggi tradizionali, ampio risalto è dato alla sperimentazione, mediante performances e happenings in cui il variopinto e surreale mondo di oggi sarà esplorato profondamente coinvolgendo nel medesimo spazio espositivo pubblico e artisti.

A partire da Adolfina De Stefani, che è l’anima di VISIONI ALTRE, abbiamo voluto raccogliere in questo lungo appuntamento tutte le esperienze degli artisti  restituendo un senso di respiro nazionale e internazionale a chi ne fa parte, e in particolare a tutta la città di VENEZIA.

Grazie agli artisti, che VISIONI ALTRE è potuta diventare un contenitore sinestetico di emozioni e linguaggi, sempre all’insegna di quella sperimentazione che dal dopoguerra ad oggi non ha mai smesso di affascinare chi vuole avvicinarsi all’arte contemporanea in tutte le sue espressioni.

 




Artisti presenti: 

Alessandro Bestiani | Architetture del Paesaggio Urbano

L’artista è affascinato dalla luce, dai colori, con un profondo interesse per il paesaggio urbano, che rappresenta in tutte le sue manifestazioni. 
Le sue opere rimandano ai suoi stati d’animo, mutevoli che lo indirizzano ogni volta ad eseguire opere diverse, sia nella scelta dei  soggetti che nella tecnica.
Acquerello, olio, grafite, china , pastelli, matite colorate sono le tecniche che predilige concentrandosi sempre sulla ricerca di emozioni.

Alessandro Bestiani nasce a Milano il 29 Giugno del 1957, la sua passione per l’arte ha inizio all’età di 7 anni quando vede per la prima volta il padre dipingere.

Ha seguito per diversi anni corsi di disegno, acquerello e pittura ad olio. 
L’artista ha studiato a Milano dove ha vissuto e vive attualmente. 

 

MILANO - Teatro la Scala | 2020 olio su tela, 100x120cm

Sergio Boldrin | Storie e colori del desiderio.

Gesto pittorico e teatrale di un artista che si muove con i colori cogliendo con l’istinto e con pennellate nervose attimi sfuggenti di una città che cambia, e che l’artista essendo veneziano di nascita subisce nel suo quotidiano il cambiamento. L’artista in città lavora da mascheraio fin da giovanissimo cogliendo tutti gli espetti culturali della sua Venezia.

Sotto i ponti | 2020 olio su tela cm 30x40

Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani  |  “PLATANUS OCCIDENTALIS”

“Io amo molto gli alberi” ecco la frase frequente di Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani artisti e performer che in questa occasione presentano “ALBERI” Quercus Ilex e Platanus Occidentalis. Ancora una volta la natura sovrasta la visione e il pensiero poetico dei due artisti. La nudità della natura, lo scheletro dell’albero diventa per gli artisti indagine sul corpo fisico e la condizione della natura stessa che opera a favore per il rinnovamento. Trattano i loro alberi come dotati dei mutevoli umori. Li trattano con simpatia, con passione, con pazienza e impazienza, e anche con ironia. Attenti e sensibili alle loro capacità di mutazione, benché dicano “L’albero è superiore ad ogni tentativo di trasformazione”, intendendo però che all’uomo non è lecito piegare gli alberi e altri viventi alle sue voglie di trasformazione. La natura umana stessa è ricca di potenzialità trasformative. 

Il sodalizio tra i due performer e artisti contemporanei Adolfina de Stefani e Antonello Mantovani nasce nel 2000 ed è caratterizzato da una sorta di nomadismo operativo che li vede impegnati in una esplorazione parallela nei numerosi percorsi dell’espressione artistica. Apprezzati esponenti nello scenario della cultura artistica sia in Italia che all’estero, la loro espressione si articola attraverso la performance, l’installazione e la ricerca multimediale, con particolare attenzione alle tematiche attuali. Emergono con estrema chiarezza le azioni di carattere universale con l’intento di favorire l’incontro del grande pubblico con i linguaggi contemporanei.

 “PLATANUS OCCIDENTALIS” | 2009 serigrafia su plexiglass, cm 100x200


Elena Greggio - Sogni e inquinamento. 

Visioni/previsioni del futuro, intesi come conseguenza dei cambiamenti climatici e della sovrappopolazione (e il relativo impatto ambientale). Una  serie di lavori a metà tra il sogno inteso sia come "desiderio" di conservazione dell'ambiente, sia come "visione onirica" e l'inesorabile impatto della realtà nel quotidiano. 

Un tempo, al centro della sua produzione c'era la figura umana, soggetto che ha completamente abbandonato in questa fase creativa per dare respiro a territori e paesaggi ideali, desertici o antropizzati.

I suoi lavori sono caratterizzati dall’utilizzo della carta, sia essa pregiata e sottile come quella di gelso o di riso, sia essa di recupero, come ad esempio uno scarto di stampa serigrafica/tipografica o una pagina di quotidiano.

Elena Greggio è nata a Padova nel Dicembre del 1973.

Si è diplomata in Architettura al Liceo Artistico nel 1991 e Laureata a pieni voti in Pittura, all'Accademia di Belle Arti di Venezia nel 1995.

Sì è specializzata in Architettura d'Interni e In Fashion Design.

Vive e Lavora a Padova, dove si dedica alla Pittura e alle tecniche incisorie, quali linoleografia e xilografia.

Espone ed ha esposto in: Italia, Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Austria, Bosnia Herzegovina, Cile e Portogallo.

Sogni e inquinamento | 2019, collage su tela, cm 100x100

 

Giulio Malfer | COME VIVREMO IN UN PROSSIMO FUTURO

Se lo chiedi oggi, alle persone recluse nei loro appartamenti, ti risponderanno che vorrebbero vivere nè più nè meno come prima dell’arrivo della peste anno 2019. 

Questa è la massima speranza per quando tutto sarà superato. La nuova ripresa dopo la grande paura. Tutto dovrà tornare come prima più di prima per cancellare la memoria di quello che abbiamo vissuto.  

E poi…

Ci ritroveremo sempre più chiusi dentro il nostro respiro. Obbligati alla solitudine dal distanziamento sociale. Costretti a una mobilità, controllati da un’app algoritmica. Semplici spettatori di una natura che rinasce. Un pianeta che non abbiamo voluto capire e che prosegue la sua vita oltre noi. 

E’ quello che abbiamo visto in questi giorni. Abbiamo avuto la fortuna di vedere il futuro, come uno sciamano, sotto l’effetto di sostanze allucinogene, vede la sorte che incombe.

Giulio Malfer è nato a Rovereto Italy. Studia Agraria all’Università di Padova e Architettura all’Università di Firenze, dove frequenta il corso di fotografia alla Scuola Internazionale “f 64” e, sempre a Firenze, frequenta il corso di fotografia di moda diretto da Leonardo Maniscalchi.

Come vivremo nel prossimo futuro | 2020, photo, cm 100x120

Elisabetta Marchese | Nero ma non troppo

L’artista analizza il colore delle tenebre che in questo momento particolare è diventato il colore della paura, del sospetto, della tragedia.

Nella società il NERO è simbolo di paura , di tristezza , depressione , stati d’animo che comunque  fanno parte dell’esistenza . 

Il NERO è il colore più intrigante . Invita a riflettere.

Elisabetta Marchese si diploma all’Accademia di Belle Arti di Venezia con una tesi su Alberto Burri . 

Il suo percorso artistico continua con una ricerca tra composizione e texture , tra differenti supporti fino ad arrivare al collage sempre accompagnato a tradizionali tecniche pittoriche quali le tanto amate velature e l’antica tecnica dello “sfregasso”. La tecnica che predilige rimane sempre il disegno : una linea nera su un foglio bianco da dove tutto ha inizio . 
Negli ultimi due anni ha esposto le sue opere a Berlino, Monaco, Milano .

Questa personale a Venezia segna un importante punto di consapevolezza per un nuovo venire .


Nero ma non troppo | 2020, tecnica mista su tela, cm 50x60

 

Giovanni Pinosio | Con un filo di Voce 

Giovanni Pinosio è un giovane artista veneziano con alle spalle quei necessari studi Accademici che gli permettono di muoversi con sicurezza tra “le belle arti”, privilegiando tra queste il disegno e la scultura. O meglio, una sua originalissima fusione tra il piano del disegno e la tridimensionalità della scultura che egli realizza mettendo in campo, nella costituzione della “figura”, elementi complessi come vuoto e immaterialità. Immaginiamo la grafite della matita che scorre sul foglio bianco a comporre porzioni ibride di figura - è l’uomo al centro della ricerca, un uomo maschile ma sessualmente non caratterizzato. Compaiono tracce di un tronco, ora di una mano che vibra - e quel gesto viene replicato occupando lo spazio - ora soltanto un moncone di una gamba.  

Sostituiamo ora la grafite con del filo di ferro e proviamo a ricostruire quella figura. L’immagine ritrova sé stessa nello spazio, acquisendo però una tridimensionalità rarefatta, metafisica. Il nostro corpo è denso involucro di carne che appoggia sullo scheletro portante. Pinosio, con le sue opere, rovescia il dentro e il fuori: è lo scheletro in fil di ferro a formare la figura, mai realmente compiuta. Ibrida anch’essa. Mentre l’interno della figura non c’è. È “vuoto”.

 Il vuoto rappresenta una sfida in questa sua concezione di scultura, perché l’ambiente entra nel corpo dell’opera, creando un indistinto con lo spazio.

O meglio, ambiente, spazio e tempo sono fusi insieme, saldati alla figura. Processo mentale e artistico che sta caratterizzando molti autori contemporanei.

 

Installazione Un filo di Voce | 2019

Liubov Pogudina  | Universale ICONA  

L’artista propone una serie di copie di dipinti di icone di diversi autori eseguite seguendo fedelmente regole di un’arte antica sviluppatasi in epoca bizantina, il cui centro principale era Costantinopoli, e con il trascorrere del tempo, la varietà di stili e di tipologie artistiche si ampliarono in Russia, e nel resto del mondo ortodosso. Le opere dell’artista ci rimandano a questo particolare mondo bizantino con opere dipinte su tavola eseguite seguendo il dettame delle icône antiche sia nell’uso dei supporti che nei cromatismi in particolare il richiamo della doratura elemento importante per la rappresentazione delle immagini sacre.

Nata in Russia e da molti anni vive in Italia. La sua attività artistica è iniziata nel 2002 con il " Gruppo Artistico di Spinea". Ha frequentato i corsi per cinque anni facendo disegno, dipinti ad olio ed acquarello. Si è diplomata al Liceo Artistico di Venezia. Ha conseguito il diploma in "Arti visive e Discipline dello Spettacolo -Indirizzo di pittura" dell' Accademia di Belle Arti di Venezia e nel 2016 consegue la laurea nella stessa materia. Dal 2009 segue lezioni sulle Icone bizantine e russe con l’insegnante iconografa Michela Giordani. 

Sammaritano al pozzo | 2019, cm 30x40

Massimo Puppi  - FRAMMENTAZIONI

Scrivo come so scrivere, dipingo come so dipingere, penso come so pensare”: sta qui, forse in questa affermazione, in questa dichiarazione di intenti scarna, sincera, spontanea, convinta, il cuore pulsante e generoso di un fare artistico che non è solo fare pittorico ma una quotidiana continua raccolta di pensieri, scritti, immagini, materiali che danno vita ad un luogo della mente e un laboratorio creativo affollato di ingredienti e in questo caso frammentazioni di spazi aperti e chiusi.       
L’artista si dedica ad una costante e appassionata ricerca che si snoda lungo i percorsi della memoria e del quotidiano, del passato e del presente.

Massimo Puppi nato a Venezia il 6 gennaio 1956. Dopo essersi diplomato all'Istituto Statale d'Arte di Venezia, si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Venezia, dove frequenta il corso di pittura del maestro Emilio Vedova. Lasciata l'Accademia, trova altri stimoli per la sua formazione alla Scuola Internazionale della Grafica di Venezia, dove segue il corso di tecniche sperimentali tenuto dal maestro Riccardo Licata. Risale al 1973 la sua prima mostra personale ospitata alla galleria Segno Grafico di Venezia. Dal 1980 al 1985 il "silenzio assoluto": un periodo di ripensamento sull'arte contemporanea, preludio di una scelta radicale che lo porta ad allontanarsi dall'attività espositiva e a rifugiarsi nel proprio studio. Gli anni che seguono sono dedicati ad una costante ed appassionata ricerca e sperimentazione di un linguaggio personale che si snoda lungo i percorsi della memoria e del quotidiano, del passato e del presente. Una lunga fase di silenzio costruttivo destinata oggi a sfociare in un ritorno sulla scena pittorica. Nel 2008 Vive e lavora a Venezia.

Frammentazioni 2020 | tecnica mista su tela, cm 30x30

Anna Zinato -  Il viaggio

La varietà contrastante di espressione nelle forme di Anna attraverso la pittura è più evidente a qualsiasi osservatore con le astratte accentazioni trovate attraverso i pezzi sensoriali della velocità del paesaggio. L'occhio umano è in grado di visitare il modo in cui il veloce si muove tra l'immobilità e la luce. Questo crea un effetto sulla percezione da parte dell'occhio mentre osserva paesaggi in movimento, forse percepiti dal movimento di treni o automobili. Le distanze accelerate di passaggio attraverso vari terreni, mentre lo spettatore è fermo mentre il ritratto è in movimento, sono parenti in modo univoco rispetto ai viaggi su treni o automobili. 

Anna Zinato è un'artista multidisciplinare con sede a Toronto e Venezia.
L’artista ha iniziato a dipingere all'età di diciassette anni e non si è mai fermata, anche quando è diventata madre di due figlie. Nata e cresciuta a Venezia, che ha influenzato il suo piacere per l'arte che la circondava. Ha esposto selezionato al Carrousel du Louvre el 2014, Salone Internazionale dell'Arte a Parigi, Francia.

Le sue opere sono conservate in collezioni private in Italia, Canada, Svizzera, Cina e Stati Uniti.

IL VIAGGIO | 2018 acrilico su carta, cm 30x40

 Andrea Zuppa -  Maridaje

Maridaje” è una parola della lingua spagnola che viene usata per indicare l’abbinamento ideale tra vino e pietanza. Spesso gli addetti ai lavori ricercano i giusti abbinamenti giocando sull’armonia o il contrasto del gusto. Chi si accomoda a tavola non deve altro che godere delle scelte proposte, ne può essere felice o infastidito. In analogia al significato di questo termine la serie MARIDAJE che l’artista propone raccoglie alcune opere che ha realizzato tra il 2017 e il 2019 dove l’obiettivo è la ricerca della giusta armonia e/o contrasto tra gli ingredienti di un dipinto: colore, forma e composizione; sottraendo volutamente l’opera ai significati più immediati, e scegliendo per questo un linguaggio puramente informale ed astratto.

Le opere hanno ispirato il poeta Francisco del Moral a comporre alcuni versi che sottolineano l’ulteriore maridaje: quello tra soggetto e osservatore.

Nato nel 1973, si laurea in Architettura allo IUAV VENEZIA nel 2001. Da sempre è interessato al disegno, alla grafica ed in particolare alla pittura ad acquerello e con tecniche miste. Durante gli studi universitari frequenta corsi di dIsegno e pittura. Nel 2007 conosce Yuliana Manoleva che lo introduce nei suoi corsi ad un nuovo modo di considerare ed usare l’acquerello.

Continua tutt’ora la sua formazione frequentando corsi workshop in Italia e all’estero. Partecipa ad estemporanee e mostre collettive in particolare con la Galleria Città di Padova. Ha curato le illustrazioni e la grafica di copertina di varie pubblicazioni. I suoi soggetti spaziano dal figurativo all’astratto ma con una continua e costante ricerca di una nuova espressività che lo caratterizzi.


Maridaje | 2020 tecnica mista su carta, cm 40x40

 

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