venerdì 22 gennaio 2016

OMAGGIO / OLTRAGGIO 2

ogni strada è un ritorno
Tiziano Bellomi Mirta Carroli Christian Gobbo Enrico Minato Federica Palmarin
a cura di
Gaetano Salerno e Adolfina De Stefani 
inaugurazione
venerdì 29 gennaio 2016, ore 21.00

Complesso del Baraccano | Sala Esposizioni Giulio Cavazza 
Via Santo Stefano, 119 BOLOGNA
                                                                

29 gennaio 2016 > 1° febbraio 2016


in occasione della serata inaugurale verranno proposte le performance

OMAGGIO/OLTRAGGIO 2 di Adolfina De Stefani

(con la collaborazione di :
Anastasia Moro, Martina Pasqualetto, Antonello Mantovani, Donato Ceron, Gian Paolo Lucato, Samuela Scatto, Agustina Pellegrini) 


La mostra, a cura di Gaetano Salerno (curatore e critico d’arte) e Adolfina De Stefani (artista e curatrice), realizzata in collaborazione con Segnoperenne e patrocinata dal Comune di Bologna - Quartiere Santo Stefano, nasce da un progetto di Gaetano Salerno, declinato in più episodi, ispirato alla filosofia della decrescita incentrato sull’analisi, riflessione e discussione dei fenomeni artistici della contemporaneità; il progetto espositivo Ogni strada è un ritorno (progetto in fieri introdotto dalla collettiva AXIAL AGES, a cura di Gaetano Salerno, presentata nel mese di dicembre 2015 presso gli spazi espositivi di Villa Orsini di Scorzè - Venezia), presenterà al pubblico un’eterogenea e ragionata selezione critica dei lavori di cinque artisti (diversi per linguaggi e ricerche) attraverso i quali istruire scambi biunivoci e sintonie per individuare pretesti d’indagine verso nuove significazioni dell’oggetto artistico e del gesto creativo, oltre l’immediata e superficiale sua decodifica, considerato nella sua valenza di veicolo di conoscenze condivise. 
Pittura, scultura, installazione, video, neon, fotografia, azione performativa invaderanno lo spazio espositivo senza soluzione di continuità, per sviluppare invece un complesso percorso enunciativo ed escatologico, privo di evidenti e aprioristiche direttive, nel tentativo di condurre lo spettatore a rivelazioni posteriori, sospendendone il giudizio e la comprensione in un limbo d’indefinitezza e di dubbi condivisi, necessari per la riscoperta di verità non più individuali, inferite dai propri saperi pregressi ma riconducibili a esperienze esistenziali collettive di una società in formazione
I libri-oggetto (blocchi di sapere inerti, libri depotenziati della funzione d’uso primaria, contenitori di culture inevitabilmente elitarie alle quali l’artista, incollando le pagine, nega il libero accesso, costringendo il lettore a intuire percorsi autonomi, alternativi e sperimentativi, verso la conoscenza e l’apprendimento) e l’azione performativa di Enrico Minato, ragionamento sul valore delle parole, ricomposte attraverso azioni guidate alla decrittazione del messaggio e alla sua compiutezza; le sculture al neon di Christian Gobbo, attraverso le quali la parola - diffusa e trascesa in metafisici bagliori che smaterializzano l’oggetto nel concetto - diventa pretesto riflessivo per percepire presunte forme d’illuminazione simili a scoperte iniziatiche; gli scatti fotografici di Federica Palmarin, linee intricate e intersecate su sfondi bianchi e lattiginosi, visualizzano il tentativo d’interconnessione tra saperi multipli e trasversali, l’unione di coscienze individuali (come i fili dell’alta tensione che la fotografa ritrae privandoli della loro immediata riconoscibilità) ricomposte nella rete intellettuale comune per originare un sovra-sapere appartenente all’umanità intera; le minimali e materiche sculture di cemento di Tiziano Bellomi - anch’esse eternizzazione di un archetipo - i cui oggetti artistici (selezionati tra le opere prodotte da altri artisti), cementificati e imprigionati dentro l’oggetto-manufatto, rifuggono un’immediata quanto parziale fruizione visiva e ridiscutono - intraprendendo molteplici digressioni concettuali tra apparenza ed essenza - i principi di verità e di autorevolezza di forme d’arte onnipresenti e onniscienti; le sculture di acciaio Cor-Ten di Mirta Carroli, materie piegate ai voleri etici dell’intelletto, elementi totemici e assoluti, per alludere a verità iniziatiche, estranee al tempo, originate da un flusso di saperi archetipici che sopravvivono nelle culture o oltre le culture originando gli archivi storici di ciascuna forma di contemporaneità (l’essere qui proprio di tutte le cose del mondo). 
“OGNI STRADA E’ UN RITORNOspiega il critico Gaetano Salerno “rilegge e interpreta visualmente una teoria formulata da Karl Jaspers e incentrata sui dubbi esistenziali dell’uomo e sulla loro valenza “nel tempo e oltre il tempo”, rimasti cioè invariati nei secoli. 
Secondo il filosofo, infatti, in un periodo della storia dell’umanità collocabile tra l’800 e il 200 a.C. e in un’area geografica estesa, compresa tra Asia ed Europa, pensatori di grandi civiltà culturalmente lontane tra loro iniziarono a ragionare su argomenti comuni, sviluppando atteggiamenti auto-riflessivi e cercando contestualmente risposte ai medesimi dubbi esistenziali ai quali l’uomo, nonostante il progresso tecnologico e scientifico raggiunto in un breve lasso di tempo, non è stato (e non è) in grado di pervenire. Jaspers denomina questo lungo momento, fondamentale per la nascita e lo sviluppo di un pensiero moderno e per la formazione di una coscienza collettiva morale ed etica, periodo assiale
Come allora, quando nuovi pensieri prodotti dalla speculazione filosofica soppiantarono le vecchie mitologie e credenze nelle quali l’uomo si era rifugiato, così l’arte dovrebbe oggi invertire la propria attitudine allo sviluppo di linguaggi disorganici e autocratici, elaborare nuove e strategiche visioni condivise, sostituendo ai molti idiomi per mezzo dei quali si esprime una sovra-scrittura, retta da nuove logiche sintattiche, per la formazione di un registro (densamente parlato e densamente compreso) in grado di individuare, esprimere ed evidenziare i limiti (e i dubbi) di una civiltà ancora incompleta, testimone passiva dei molti e frammentati saperi acquisiti. 
Ogni strada è un ritorno parla così dell’esigenza di invertire il cammino lungo la strada della conoscenza, riconsiderandone tutte le deviazioni incontrate nei labirinti dell’evoluzione, dell’esigenza cioè di esplorarne con maggior rigore e consapevolezza i saperi ignorati e ricostruire un archivio delle conoscenze disperse nel tragitto compiuto dall’umanità; operazione necessaria per scardinare le sovrastrutture mentali dell’uomo moderno, le prigionie di percezioni fallaci, per la ri-semantizzazione cioè dell’oggetto artistico il cui valore (etico e didattico), nell’epoca odierna, dovrebbe essere inversamente proporzionale alla certezza evocata dallo stereotipo nel quale è racchiuso, la negazione della sostanza aristotelica della quale l’opera è prigioniera ma che contemporaneamente ne garantisce l’esistenza e la cui sola esistenza sopravvive oltre ogni ragionevole dubbio. 
Tra certezza e suggestione Ogni strada è ritorno costruisce un dialogo speculativo sopra i due massimi sistemi del mondo, prima contemplando e poi negando verità palesate da strutture assiomatiche e da pensieri mistificati; un ulteriore ed evocativo moto intellettuale alla scoperta poiché nella perpetua assenza di definitive certezze è indicato il solco della crescita, le linee guide che il codice sincretico dell’arte (oltre a ciò che sembra essere) avrebbe il compito di tracciare e definire, rifuggendo dirette ed esaustive risposte quanto piuttosto ritrattando e confutando accomodanti ma parziali verità”.
Gli artisti, selezionati per l’occasione, sono posti in dialogo tra loro e con lo spazio espositivo che accoglie, nel vuoto e nel silenzio, pochi e selezionati lavori per generare un cortocircuito sensoriale tra aspettative e risultati dell’indagine artistica; l’assenza di verità pre-definite e pre-definibili - espresse dai lavori dei cinque artisti esposti - rappresenta così l’assenza di verità certa, il luogo delle probabilità in cui l’oggetto artistico sconfina oltre i limiti della sua fisicità, della sua contingenza spaziale, della sua sussistenza materica, per diventare prodotto spirituale, non più vincolato alle allusioni della forma espressiva bensì contenitore di un’idea originaria e originante che indaga la genesi umana muovendo dalla contemporaneità, ripercorrendo a ritroso le strade delle conoscenze per mappare, sulla linea del tempo, le molte epoche assiali vissute e porre in relazione ciò che l’uomo è con ciò che l’uomo è stato e pervenire a nuove analogie dell’essere.



Performance
venerdì 29 gennaio 2016, dalle ore 21 

OMAGGIO/OLTRAGGIO 2 - performance di Adolfina De Stefani
Con la collaborazione di Anastasia Moro, Martina Pasqualetto, Antonello Mantovani, Donato Ceron, Gian Paolo Lucato, Samuela Scatto, Agustina Pellegrini, Elisabetta Pesavento.
Verrà rappresentata e ridiscussa un’ ICONA della storia dell’arte: LA GIOCONDA.
L’artista e performer Anastasia Moro, simile nei tratti del volto alla donna ritratta da Leonardo Da Vinci, rappresenterà il tableau vivant sul quale i performer interverranno realizzando, attraverso intense e brevi azioni, alcune interpretazioni di carattere artistico.
Unica icona riconoscibile e riconosciuta nel percorso espositivo della collettiva OGNI STRADA E’ UN RITORNO, (la cui valenza artistica è invece incentrata su forme estreme di iconoclastia) la Gioconda diventerà il pretesto e il territorio dell’azione dei numerosi performer per ragionare sul cambiamento di identità e sull’analisi delle definizioni dell’apparenza, ridiscutendo il valore stesso dell’icona, della sua definizione e decodificazione come contenitore assoluto di saperi eterni e immutabili, giocando con travestimenti alla ricerca di differenti, inattese e nuove entità.
Creando ritratti diversi e possibili (improntati a nuove quanto necessarie forme interpretative) che coesistono nella personalità di ciascuno di noi, verrà affrontato il tema del doppio, della comunicazione di massa e dell’idea della propria individualità (carattere proprio del genere della ritrattistica) in rapporto ai ruoli sociali conferiti a ciascun individuo dalla contemporaneità.
OMAGGIO / OLTRAGGIO 2
performance di Adolfina De stefani con Anastasia Moro