domenica 19 ottobre 2014

TRACCE di Roberto Assenza (dialogo con gli artisti)

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3D GALLERY
extraMOENIA project elements of architecture
in concomitanza con la 14. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia

presenta 

ROBERTO ASSENZA
TRACCE 
(dialogo con gli artisti)

a cura di

Adolfina De Stefani e Gaetano Salerno 

presentazione critica a cura di Gaetano Salerno


inaugurazione sabato 25 ottobre 2014, ore 19.00

Ultimo appuntamento presso la 3D Gallery di Venezia Mestre con la seconda parte della rassegna extraMOENIA, progetto di ricerca ideato e curato da Adolfina De Stefani e Gaetano Salerno, in collaborazione con Mismomatic e Segnoperenne, focalizzato sull’indagine e sulla documentazione del rapporto tra arte e vita, finzione e realtà, artista e spazio interno/ spazio esterno della galleria.

extraMOENIA, dopo le sette esposizioni personali realizzate nel periodo compreso tra dicembre 2013 e maggio 2014, conclude la seconda fase di ricerca, inaugurata a giugno 2014, con la quale ha inteso riflettere sulla 14^ Mostra di Architettura di Venezia e in relazione alla quale i curatori del progetto hanno strutturato un percorso di ricerca articolato e improntato al dialogo tra i molti artisti partecipanti (oltre cinquanta) e le tematiche proposte e dibattute dall’importante appuntamento veneziano. Il titolo Fundamentals, scelto dal curatore Rem Koolhaas per l’edizione 2014 e Elements of Architecture, rassegna ospitata presso gli spazi del Padiglione Centrale dei Giardini della Biennale, hanno espresso al meglio il concept di extraMOENIA project e lasciato intravedere, dopo lunghi anni di sperimentazioni e di ricerche empiriche nel campo dell’abitare e del vivere lo spazio e l’ambiente, un ritorno ai concetti fondamentali e alle regole basilari del costruire, inteso come espressione logica e razionale dell’intelletto umano laddove la dimensione urbana rappresenta l'espressione visibile della vita sociale.

Dopo La Corrispondenza del Tutto (gli scatti palladiani del fotografo bassanese Gian Paolo Lucato con i quali è stata inaugurata la rassegna) e la ricerca No More Landmarks dell’artista padovano Emmanuele Panzarini (quattro grandi lavori fotografici incentrati sul tema del grattacielo, simbolo culturale del Ventesimo secolo e espressione di una conquista territoriale realizzata e demarcata da falsi valori), il progetto conclude la propria ricerca con la personale TRACCE dell’artista siciliano Roberto Assenza.

Presenti in galleria, dal 25 ottobre al 23 novembre 2014, otto formelle in vetro lavorato, realizzate per l’evento espositivo come sintesi e riflessione conclusiva della ricerca sul valore del costruire e dell’abitare un territorio, ricercandone con intento filologico, i segni del tempo e delle culture nell’epoca antica, moderna e contemporanea.


Roberto Assenza nasce a Rosolini (Siracusa) nel 1958. Si laurea in Architettura presso l’Università degli studi di Venezia. Dal 1977 al 1993 collabora con studi milanesi e veneti nell’ambito della Conservazione dei Beni Culturali e Artistici e dell’Edilizia Pubblica e Privata. Dal 1998 al 2006 progetta lampadari di tradizione muranese, sculture in vetro e vetrate artistiche per la “Vetreria Artistica Archimede Seguso”. Elabora inoltre alcune realizzazioni in vetro per Tiffany & Co. Dal 2006 è designer responsabile della Linea Tradizione “de Majo” per la quale firma alcuni dei più maestosi lampadari veneziani quali il Roveto ArdenteI Quattro Elementi e il Muricanu Chocolate.



Le opere del ciclo Tracce rappresentano otto planimetrie storiche delle città venete di Belluno, Mestre, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza. Le trasformazioni che la società industriale e postindustriale hanno prodotto nel tessuto vivo delle nostre città fanno parte di un filone narrativo che da sempre ha interessato Roberto Assenza. Tracce è dunque ciò che resta e ciò che diventa paradigma, ove ancora leggibile, di quelle che dovrebbero essere le relazioni spaziali, sociali, politiche ed economiche nate con la “polis” e che hanno contribuito a segnare tutta la storia della civiltà urbana europea e italiana in particolare. La tecnica usata dall’artista per realizzare le formelle vitree colorate è quella tipicamente veneziana, nata verso la metà del Quattrocento, del cosiddetto “oro graffito”, una nobile e antica tradizione della lavorazione del vetro che consiste nell’applicazione di foglie di oro zecchino tramite un fondente su una lastra di vetro di Murano. In questo modo la superficie dorata può essere “graffiata” e in seguito ripulita e temperata.



Scrive il critico d’arte Gaetano Salerno a proposito di Tracce“ [...] Le linee guida responsabili dello sviluppo più recente di una distorta ma tollerata attitudine ad abitare primariamente un edificio o uno spazio hanno sacrificato l’individuo ad una visione terrena e contingente, spingendolo verso un errato paradigma adattivo che ignora sia l’esigenza di inserire la propria presenza e i propri elementi in uno scenario maggiormente articolato e diffuso, sia l’osmosi della parte nel tutto, lo scambio energetico cioè tra i tre cerchi concentrici – come sosteneva Walter Gropius – rappresentanti rispettivamente l’individuo, il popolo, l’umanità e dei quali il terzo abbraccia il secondo e il secondo il primo. Modificare il contesto abitativo o ricondurre la nostra invasiva presenza ad un concetto dell’abitare un luogo e non semplicemente uno spazio, instaurare rapporti biunivoci e simbiotici significativi con l’ambiente aperto e illimitato piuttosto che con le clausure limitanti delle mura di

un edificio, vorrebbe dire riconsiderare e correggere il processo intrapreso da un pensiero postmodernista e industrializzato che ha fagocitato porzioni di libertà, inglobato periferie e campagne, omogeneizzato ambienti fino a creare, nella città diffusa e nel decentramento delle specificità territoriali, l’orrore di una massa unica e unitaria, anonimizzata dalla perdita di centralità e di equilibrio, dall’eccesso di spazio che ha determinato la ripetizione seriale e inarrestabile di non-luoghi. Riguardare dall’alto le nostre città – come suggerisce l’operazione artistica di Roberto Assenza – nella lettura topografica di un passato ormai lontano, può forse aiutarci a riflettere sul principio armonico urbanistico ippodameo la cui valenza etica, tradotta direttamente da Vitruvio, da Leon Battista Alberti, da Andrea Palladio nella prima e seconda ondata di classicità, necessita oggi di una nuova considerazione. Elevare il punto di vista oltre la quinta opprimente delle autoreferenzialità diventa quindi necessario per seguire (e talvolta smarrire) le tracce della nostra crescita individuale e collettiva, intuire come lo sviluppo urbanistico dei nostri luoghi, prima di perdersi nel processo omologante e destrutturante delle identità e dei riferimenti identitari, abbia seguito le anse di un fiume, i crinali di una collina, le ortogonalità di un impianto viario la cui riscoperta archeologica, culturale e funzionale, rappresenta la misura concreta del nostro valore contemporaneo [...]”.


I lavori di Roberto Assenza verranno posti in dialogo con una selezione, condotta in itinere, delle molte opere di artisti realizzate specificamente per il progetto extraMOENIA – elements of architecture su invito dei curatori (opere di cm 30 x 30, elaborate partendo da moduli geometrici piani quali il triangolo, il quadrato e il cerchio e ispirati ai principi classici architettonici per riconsiderare, usando le parole di Rem Koolhaas, gli elementi che dovrebbero costituire i riferimenti per un rigenerato e attuale rapporto tra noi, la nostra civiltà e l'architettura), recentemente esposte presso La Barbagianna: una casa per l’arte contemporanea di Pontassieve (Firenze), in occasione della XXIII Rassegna INCONTRI D'ARTE prossime a divenire parte di un evento itinerante che i curatori, a partire dal 2015, promuoveranno in nuovi circuiti culturali e artistici.


Tra i molti artisti che hanno partecipato al progetto:
Anonimo Roberto Assenza Enzo Barion Alessandra Borsetti Venier Alessandro Botta Manù Brunello Maurizio Bucca Gloria Campriani Gianpaolo Canova Libera Carraro Donato Ceron Antonio Ciarallo Paolo G. Conti Fiorella Corsi Carmela Corsitto Angelo Cortese Giorgio Costantino Luca De Silva Adolfina De Stefani
Andrea Del Sere Maurizio Follin Gabriella Gallo Cristina Gozzini liibaan Gian Paolo Lucato Marta Luppi Ruggero Maggi Giuliano Mammoli Antonello Mantovani Nives Marcassoli Angela Marchionni Andrea Marini Emilio Morandi Anastasia Moro Angelo Muriotto Riccardo Naletto Antonio Panino Doria Paola Rita Pedullà Edoardo Pilutti Giampiero Poggiali Berlinghieri Carlo Pucci Giancarlo Pucci 
Roberto Pupi Gigliola Ranzato Rossella Ricci Edda Sensini Fulgor Silvi Erik Strauss Giorgio Trinciarelli Stefano Turrini Giovanna Ugolini Daniele Valente Angelo Ventimiglia Piero Viti
Alessandra Borsetti Venier

Andrea Del Sere
La danza delle sfere | Tecnica mista | cm 30x30

Antonello Mantovani
Trasparenze Apparenze | cera su tela | cm 30x30

Cristina Gozzini
mandala su carta e plexiglass cm 30x30x50


Edda Sensini
tecnica mista | cm 30x30

Giovanna Ugolini
L'Architettura dei segni | tecnica mista | cm 30x30



Piero Viti
senza titolo | tecnica mista | cm30x30

Piero Viti
senza titolo | tecnica Mista | cm 30x30

Rita Pedullà
Inscritta in un quadrato | tecnica mista | cm 30x30

Roberto Pupi
FOTOMOBILE | tela emulsionata | cm 30x30


In occasione del finissage di domenica 23 novembre 2014 (ore 19.00; seguirà comunicato stampa) verrà presentato il catalogo riassuntivo del progetto extraMOENIA – elements of architecture (con testi critici a cura di Gaetano Salerno) e proposta al pubblico la performance Le déjeuner sur l’herbe di Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani.

Roberto Assenza
oro graffito su lastra di vetro blu cm 30x30

Roberto Assenza
PADOVA
oro graffito su lastra di vetro blu cm 30x30


Roberto Assenza
ROVIGO
oro graffito su lastra di vetro blu cm 30x30
Roberto Assenza
TREVISO
oro graffito su lastra di vetro blu cm 30x30

Roberto Assenza
VENEZIA
oro graffito su lastra di vetro rosso cm 35x30


Roberto Assenza
VERONA
oro graffito su lastra di vetro blu cm 30x30




contatti
+ 39 049 91 30 263 + 39 349 86 82 155
adolfinadestefani@gmail.com 

giovedì 9 ottobre 2014

XXIII Rassegna “Incontri d’Arte”
a cura di Alessandra Borsetti Venier 
LA BARBAGIANNA: UNA CASA PER L’ARTE CONTEMPORANEA
Via di Grignano, 25 - 50065 Pontassieve (Firenze)
11 ottobre dalle ore 17 alle 20
le mostre sono visitabili in occasione della Giornata del Contemporaneo indetta dall’AMACI
  
  “Dalle foglie alle geometrie organiche 2004-2014 mostra di Stefano Turrini

La Corrispondenza del Tutto” mostra con gli artisti
A
nonimo, Roberto Assenza, Enzo Barion, Alessandra Borsetti Venier, Alessandro Botta, Manù Brunello, Maurizio Bucca, Gloria Campriani, Gianpaolo Canova, Libera Carraro,  Donato Ceron,Antonio Ciarallo, Paolo G. Conti, Fiorella Corsi, Carmela Corsitto, Angelo Cortese, Giorgio Costantino, Luca De Silva, Adolfina De Stefani, Maurizio Follin, Gabriella Gallo, 
Gisella Genini,Cristina Gozzini, Liibaan, Gian Paolo Lucato, Marta Luppi, Ruggero Maggi, Giuliano Mammoli, Antonello Mantovani, Nives Marcassoli, Angela Marchionni, Andrea Marini, Emilio Morandi,Anastasia Moro, Angelo Muriotto, Riccardo Naletto, Antonio Panino, Doria Paola, Edoardo Pilutti, Giampiero Poggiali Berlinghieri, Carlo Pucci, Giancarlo Pucci,  Gigliola Ranzato, Rossella Ricci, Edda Sensini, Fulgor Silvi, Erik Strauss, Giorgio Trinciarelli, Stefano Turrini,  Daniele Valente, Angelo Ventimiglia


Per l'occasione sarà aperto l'Archivio della Voce dei Poeti
Per arrivare alla Barbagianna consultare https://maps.google.it/

Info: MultiMedia91 - 055 8398747 - 335 6676218 info@morganaedizioni.it www.multimedia91.it  

mercoledì 8 ottobre 2014

All and All bipersonale di Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani


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La vita deve obbedire a due necessità che, per essere opposte tra loro, non le consentono né di consistere durevolmente né di muoversi sempre. Se la vita si movesse sempre, non consisterebbe mai:
se consistesse per sempre, non si moverebbe piú.

E la vita bisogna che consista e si muova.
Dott. Hinkfuss (Luigi Pirandello, Questa sera si recita a soggetto)

Life must obey two that need to be opposed to each other,
do not allow it to consist of either permanently or move forever. If the life that moved always, there would never:
if it consisted forever, it would move more.
And the life you have and which consists moves.
Dott. Hinkjuss (Luigi Pirandello, Tonight we improvise)



Gaetano Salerno

ALL and ALL è il riassunto di due vite artistiche; o, più propriamente, la sintesi di due vite distinte che divengono una, come quando due corsi d’acqua,serpeggiando indipendenti attraverso le asperità di un territorio scosceso, convergono, giunti a valle, verso un epilogo comune – non predeterminato - ampliando le proprie portate e sommando le proprie correnti. Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani, pittori, scultori e performer,hanno saputo trasferire nella sfera dell’arte la stessa complicità e intesa espressiva raggiunta nella quotidianità e nell’osservazione del quotidiano, dando vita a una profonda ricerca - individuale e sinergica - condotta con rigore sui temi dell’esistenza e della spiritualità, testimoniata da una raffinata e copiosa produzione di dipinti, oggetti scultorei e installativi e interventi performativi e teatrali attraverso i quali riconsiderare e interpretare, nell’azione diretta del corpo (e non solo nella visione e nelle immagini che di quest’articolato viaggio artistico assumono oggi il valore critico di puntuale documentazione visiva), un complesso pensiero filosofico e speculativo. ALL and ALL è l’epigenesi di un’azione semplice e immediata che nel fare arte intravede i principi primi della vita, l’esigenza cioè di semplificare e comprendere la ragione dell’esistenza; ALL and ALL è l’essenza dell’essere distillata in atti creativi che ne segnano il passaggio, sommando linearmente le esperienze e i vissuti dei due artisti fino a tracciare un multiforme e fitto intreccio di trame, sovrapposte come i rami di un albero e come i costrutti esistenziali che contaminando si lasciano contaminare dagli eventi, modificandosi organicamente esprimono una ricerca reiterata e necessaria per non disgiungersi dalla contemporaneità della propria storia, per riassumere e rielaborare con valore esperienziale i dati raccolti durante il lungo cammino e sommarli in nuove verità, talvolta assolute e talvolta parziali, necessarie per illuminare il tratto successivo di questo cammino. Così l’azione semplice che giace sulla tela e rappresenta primariamente l’osservazione delle complessità ridotte all’immediatezza, raccoglie e cataloga i tentativi di riduzione delle asimmetrie tra sfere dell’Io, la coesistenza delle tesi e delle antitesi, l’unione delle più evidenti forme di realtà e dei più inaccessibili misteri orfici, in un progetto la cui tensione comunicativa si fonda sulla coesistenza degli estremi, ponendo in dialogo l’innocenza utopica di Alice (uscita dal paese delle meraviglie) e stagliata sul nonfinito pittorico di un mondo in lento disfacimento e l’evidente e fotografica brutalità dell’umanità stereotipata nei propri vizi, nei quali specchiarsi e riconoscersi. Un dialogo tra Adolfina e Antonello che diviene più fitto, le cui pause spingono l’analisi di ciascuna ricerca ben oltre il dato visivo, lontana da una risposta dogmatica che la tela
non è in grado di fornire, casomai occultare tra gli elementi, uniformati dal bianco ed evidenziati da pochi altri colori quali il rosso e il nero, la cui valenza percettiva convoglia l’attenzione selettiva verso punti convenuti nei quali è infravisibile il testo narrativo di questi canovacci domestici. Pronta, sotto gli occhi di tutti, l’esigenza di un ritorno alla Natura (la ricerca cioè di una redenzione biologica in risposta alle transitorie e discordanti conflittualità della psiche) enunciata da pochi e significativi elementi; l’albero, l’acqua, il fuoco, la cera, il sangue per richiamare un germe iniziatico promulgandone l’intensità oltre l’effimera durata degli strumenti organici di cui dispone per crescere e individuare la propria morfologia sempre incerta perché dovuta a troppe variabili sociali e culturali. Emergono spesso – per quanto accuratamente svuotati della valenza citazionista – gli assunti di Joseph Beuys frammisti alle teorizzazioni di Richard Wollheim, attraverso i quali ricondurre l’analisi istintivamente all’oggetto inatteso, inserito in un contesto altro per risvegliarne la spiritualità iconica liberandolo dal peso della materia e, attraverso esso, mutuare l’idea in ideale e rendere ciascuna azione critica simile a preghiere per iniziati; spingendosi poi oltre, per fornire una personale rielaborazione di un linguaggio artistico povero in virtù della quale però adesso le forme divengono attitudini e l’azione fluxus diventa esemplificativa all’atto della sua manifestazione, indipendentemente dal raggiungimento di uno scopo terminale. Ogni atto performativo è ponderato e ricercato eppure nell’esecuzione del gesto s’intravede la forma embrionale di un’idea il cui sviluppo analitico ricalca il dipanarsi empirico della vita stessa lungo segmenti sconosciuti (il sentiero diacronico che conduce dall’infanzia, al viaggio, alla scrittura) e la medesima tensione adattiva di un corpo allo sconosciuto spazio reale del mondo, per sconfiggere le paure, per lacerare ogni forma di violenza
e mutarla in una riflessione estetica – a tratti utopica – finalizzata alla cauterizzazione delle ferite intellettuali e alla proposta di nuove forme di coesistenza pacifica e armonica tra uomo, ambiente e storia. E ogni atto performativo è anche e soprattutto la somma di battiti e respiri, teatro nella vita o vita nel teatro, ben consci che la risultante della somma di azioni semplici è un romanzo complesso e l’arte non è solo un atto catartico, piuttosto conoscitivo e indagativo; le pieghe delle barchette di carta con le quali Adolfina rievoca la spensieratezza infantile o le increspature delle superfici cerate o patinate di Antonello che alludono alla fragilità congenita di ogni struttura vivente all’apparenza solida e incorruttibile rappresentano, allo stesso modo, le rughe dell’epidermide segnata dalla fatica (intesa come valore) dell’errore e dell’autocorrezione. Le pieghe e le increspature sembrano così per un attimo lasciare intravedere una verità che mai totalmente affiora, rimanendo prigioniera di questi lavori e conferendogli un’aura luminosa e mistica; un segno minimale e impercettibile che si concretizza sulle vaste porzioni candide della tela o della parete e s’inserisce leggero nel vuoto degli ambienti del giardino riempiendo, senza mai saturare né realmente determinare, il sito espositivo con rispetto e sacralità, conducendo lo spettatore allo stesso compunto riserbo e rispetto che si richiede nell’affrontare sacri dogmi, un gesto cioè fiducioso e fideistico.L’eleganza formale che contraddistingue il linguaggio di entrambi gli artisti cela le sofferenze latenti, congelandole nell’attimo in cui la vita intercetta l’arte e ogni dettaglio, anche il più minuto,diviene fondamentale per pervenire all’insieme,per rinvenire il filo logico tra porzioni di vita unite dal doppio legame della linea del tempo e degli affetti, come se nell’equilibrio precario tra oblio della tragicità e rimembranza del sentimento possa esistere l’unica dimensione possibile, in eterno. L’atto performativo sembra voler così rimettere in gioco le
nostre potenzialità inespresse, riportando la nostra presenza passiva nel luogo e nel tempo in cui tutto accade o, paradossalmente, è già accaduto e alludere alla dualità di un’esperienza unica eppure infinita, finalizzata a garantire la sopravvivenza dell’opera d’arte, come sostiene Luigi Pirandello attraverso le parole del dottor Hinkfuss, rimuovendola dalla fissità della sua forma, sciogliendo questa sua forma dentro di noi in movimento vitale, dandogli noi la vita, di tempo in tempo diversa e varia dall’uno all’altro di noi; tante vite, e non una; come si può desumere dalle continue discussioni che se ne fanno e che nascono dal non voler credere appunto questo, che siamo noi a dar questa vita.

Life obeys two that needs to be opposed to each other,
do not allow it to consist of either permanently or move forever.
If the life that always moved, there would never:
if it consisted forever, it would move more.
And the life you have and which consists moves.


ALL and ALL is the summary of two artistic lives, more like the synthesis of two different lives that become one, as when two rivers, snaking through the roughness of an independent territory, converge in the valley, towards a common epilogue - not predetermined - expanding its courses and adding their currents.

ALL and ALL is the epigenesis of an ordinary and immediate action that recognizes in making art the leading priorities of life; concived as a need to semplify and real understand the reason for the existence.  ALL and ALL is the essence of life and being infused with creative acts marking the transition, summing up experiences and the artists past to draw a fluid and dense web of plots, overlapped as tree branches. ALL and ALL recall the contaminating existential meanings which become contaminated at the same time, finally modifying themselves, they are the result of a repeated  and essential research that needs to remaine grasped to its history and aim at being a summary and an elaboration of elements found on the way, then added up with others truts, sometimes absolute, sometimes partial, anyway required to shed light on the next leg of this journey.

The simple action that lies on the canvas is the observation of the immediates complexity and include and arrange the attempts to decrease asymmetries between spheres of the ego, the coexistence of thesis and antithesis, the union of the most obvious forms of reality and of the Orphic inacessibile mysteries. A project whose communicative tension is based on the coexistence of extremes, creating a dialogue between the Alice utopian innocence (exit Wonderland) and stands out on the unfinished painting of a world in decay with the obvious brutality of a camera and 'humanity stereotyped in their vices in which look mirror and recognize.

The dialogue between Adolfina and Antonello become more intense with breaks that bring the analysis beyond the visual, far from a dogmatic reply that the canvas is not able to show but hide between the elements, adapts by the white and highlighted by few other colors such as red and black that bring attention to places where you can see the narrative text of these towels home.

The need for a return to Nature is (or rather the search for biological redemption response to transients and discordants conflict of the mind), enunciated by a few important elements; tree, water, fire, wax, blood to invoke a primordial germ for brodcast the intensity over the duration of the short-lived organic instruments at its disposal to locate and grow their morphology always uncertain because due there are many social and cultural variables.

The Joseph Beuys' s doctrine with the Richard Wollheim's theories often come to light. They bring back the analysis of the unexpected object, placed inside an 'other' context to awaken the iconic spirituality releve it from burden of matter changing the idea with and making it ideal in each critical action like some prayers.
In the end, there is a personal reworking of artistic language in which the forms become poor attitudes and fluxus action  becomes limited to the time of its manifestation, regardless of the achievement of an aim.

Each performative act is considered and researched, but the execution glimpse the embryonic form of an idea. The analytical development follows performance of the empirical life through unknown segments (the path that leads to childhood, to travel, to write) with the adaptive tension of a body to the unknown real space of the world, to overcome fears, to tear each form of violence and turn it into an aesthetic reflection - sometimes utopian - aimed at the cauterization of intellectuals wounds and the proposed new forms of peaceful and harmonious coexistence between man, environment and history.

Each performative act is also the sum of beats and breaths, drama in life or life in the theater, knowing that the result of simple actions is a complex novel and art is not only a cathartic act, rather than cognitive and investigative. The folds of the paper boats with which Adolfina evokes the carefree child or the ripples of waxed or coated surfaces of Antonello that allude to the fragility of every living structure seemingly solid and incorruptible and represent, in the same way, the wrinkles of the skin marked by strain (as a value) of the error and personal improvement.

The folds and ripples seem to leave to catch a glimpse of a moment, a truth that never emerges remains a prisoner of this works and giving them a glowing and mystique aurea. A minimal and imperceptible sign is realized on the white canvas or on the wall in a vacuum part of the environment of the garden filling, never saturate  or determine, the exhibition site with respect and sacredness. The viewer is led to the same privacy that when addressing the sacred dogmas with a confident gesture and creed.

The ornate elegance that characterize the artists's language hide latent pains and suspend them in the moment when the life intercept the art and each details, also the little one, become essential. Logical thread can be find between parts of life connect with the time line and loves, as if in the precarious equilibrium between oblivion and memory of the tragic feeling there might be the only possible dimension, forever.

The performative act seems to want to throw in our untapped potential bringing our passive presence at the place and time where everything happens, or paradoxically, has already happened. Alludes to the duality of a unique and and infinite esperience, aimed at ensuring the survival of the artwork, as claimed by Luigi Pirandello through the words of Dr. Hinkjuss: if removed from the fixity of its form, dissolving this form within us moving life, giving us life, from time to time different and varies from one to another of us; many lives, and not one; as can be seen by the constant discussions that if they do and do not want to believe that arise from this fact, that we give in this life.












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in collaborazione con il
Comune di Scorzè
presenta
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Adolfina De Stefani Antonello Mantovani
ALL and ALL
a cura di Gaetano Salerno
in collaborazione con

Si inaugura sabato 27 settembre 2014, presso gli spazi espositivi di Villa Orsini di Scorzé (via Roma, 53; presentazione critica ore 19.00), ALL and ALL, doppia personale degli artisti Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani.
La mostra, visitabile fino a domenica 12 ottobre 2014 (vedi scheda evento allegata) è curata dal critico d’arte Gaetano Salerno e realizzata dal Circolo Culturale Scorzè in collaborazione con Segnoperenne e con il Comune di Scorzé.
ALL and ALL presenterà al pubblico gli artisti Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani, coppia di pittori, scultori e performer che, trasferendo nella sfera dell’arte la stessa complicità e intesa espressiva raggiunta nella quotidianità e nell’osservazione del quotidiano, rappresentano oggi una delle più interessanti esperienze artistiche di ricerca presente sul territorio nazionale, ampiamente conosciuti ed esposti in Italia e all’estero, in occasione d’importanti eventi artistici internazionali.
La mostra, attraverso una selezione critica ragionata del lavoro dei due artisti relativa all’ultimo decennio, curata dal critico d’arte Gaetano Salerno, farà conoscere al pubblico la profonda ricerca sia individuale sia sinergica di coppia, condotta con rigore sui temi dell’esistenza e della spiritualità, testimoniata da una raffinata e copiosa produzione di dipinti, oggetti scultorei e installativi e interventi performativi e teatrali, attraverso i quali riconsiderare e interpretare, nell’azione diretta del corpo (e non solo nella visione e nelle immagini che di quest’articolato viaggio artistico assumono oggi il valore critico di puntuale documentazione visiva), un complesso pensiero filosofico e speculativo.
Oltre alle opere scelte per l’evento (pitture, sculture, mixed media) gli artisti riproporranno, durante il periodo di apertura della mostra, tre significative performance che hanno accompagnato, fino ad oggi, il loro cammino artistico, per conferire così all’evento espositivo di Scorzè il valore di un percorso culturale antologico nella lunga e intensa attività culturale svolta dagli artisti nel campo delle arti contemporanee.
Le performance saranno così programmate:
  • -  sabato 27 settembre 2014 (ore 19.30 - inaugurazione): performance VISIBILE/INVISIBILE
  • -  domenica 05 ottobre 2014 (ore 18.30): performance OMAGGIO A BEUYS
  • -  domenica 12 ottobre 2014 (ore 18.30 - finissage): performance LE DÉJEUNER SUR L'HERBE
Adolfina De Stefani consegue la laurea in Architettura a Venezia e insegna per anni al Liceo Artistico di Padova. Attiva nel campo artistico già dalla seconda metà degli anni ‘60, partecipa ed espone in collettive e personali in Italia e all’estero come pittrice, scultrice, performer. La sua ricerca si basa sulla sperimentazione di materiali quali il vetro, l’acciaio, il plexiglass al fine di creare e reinventare ironicamente oggetti di uso quotidiano, utilizzando forme della natura. Antonello Mantovani consegue il diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna e insegna Discipline Pittoriche al Liceo Artistico di Rovigo. Inizia la sua carriera artistica espositiva nei primi anni ‘80 partecipando a mostre collettive e realizzando numerose personali. Pittore, scultore, performer crea le sue strutture ricercando materiali offerti dalla tradizione, come il vetro, che accosta a materiali offerti dalla moderna tecnologia in un complesso gioco di rimandi linguisti e simbolici. La coppia vive e lavora a Galzignano Terme (Padova) ma partecipa attivamente al dialogo artistico internazionale prendendo parte ai più importanti circuiti culturali italiani ed esteri.
Come si evince dal testo critico Epigenesi di un’azione semplice scritto da Gaetano Salerno a proposito del lavoro dei due artisti “[...] ogni atto performativo è ponderato e ricercato eppure nell’esecuzione del gesto s’intravede la forma embrionale di un’idea il cui sviluppo analitico ricalca il dipanarsi empirico della vita stessa lungo sentieri inesplorati, la medesima tensione adattiva di un corpo allo sconosciuto
spazio reale del mondo, lo scontro con le incongruenze e le brutalità sociali, per lacerare ogni forma di violenza e mutarla in una riflessione estetica – a tratti utopica – atta alla riduzione delle asimmetrie esistenziali, alla cauterizzazione delle ferite intellettuali, alla proposta di nuove forme di coesistenza tra uomo, ambiente e storia [...]”.

Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani saranno presenti a Villa Orsini in occasione della vernice di sabato 27 settembre 2014 (introdotti dal critico d’arte Gaetano Salerno) e in occasione dei due successivi momenti performativi di domenica 05 e domenica 12 ottobre 2014, giornata conclusiva dell’esposizione.
SCHEDA EVENTO
titolo
ALL and ALL
artisti
Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani
a cura di
Gaetano Salerno
in collaborazione con
Comune di Scorzè
organizzazione e comunicazione
Comune di Scorzè Circolo Culturale Scorzè Segnoperenne
inaugurazione
sabato 27 settembre 2014, ore 19.00
apertura

28 settembre – 12 ottobre 2014

martedì - mercoledì - venerdì - sabato - domenica 10.30 – 12.30 | 16.00 – 19.00
ingresso libero
Villa Orsini
Via Roma, 53 Scorzé | Venezia
info
www.adolfinadestefani.it
www.segnoperenne.it
info@segnoperenne.it facebook/segnoperenne twitter/segnoperenne