mercoledì 16 novembre 2011

“OH PUN LEGS, ALICE!” For a geography of everyone’s life

Adolfina De Stefani : “OH PUN LEGS, ALICE!” For a geography of everyone’s life

Galleria Valmarana – PALAZZO VALMARANA BRAGA – Corso Fogazzaro 16 – 36100 VICENZA

12– 28 novembre 2011

inaugurazione sabato 12 novembre 2011, ore 18.00

ore 19.00 performance: “Attraverso lo specchio e quell che ALICE vi trovò”/ “Through the lookin-glass, and what ALICE found there” con la partecipazione di Camilla Vittoria Civardi e Chiara Beatrice Toniato

Presenta il critico: Michele Govoni

catalogo in galleria

ingresso libero

Sabato 12 novembre 2011 alle ore 18 .00 inaugura alla Galleria Valmarana, PALAZZO VALMARANA BRAGA di VICENZA la personale di Adolfina De Stefani dal titolo “OH PUN LEGS, ALICE!” For a geography of everyone’s life, un percorso/racconto dove le opere dialogano con gli spettatori come se, questi ultimi fossero invitati a leggere la mente che custodisce I ricordi.

Se è vero che "geografia" ha assunto più volte connotati differenti rispetto a quelli per i quali il termine era stato coniato, allora qui tutto comincia con una geografia: già perché, per quanto piccolo e racchiuso, lo spazio di una galleria d'arte in cui vi sia realizzato un percorso espositivo, definisce o, meglio, connota uno spazio geografico. Anche la fiaba, a modo suo, dà vita e ragion d'essere ad una geografia; la quale è, senza dubbio alcuno, polisemicamente legata ad una individuazione dello spazio del racconto e, al tempo stesso, ad una definizione di spazi e tempi particolari. Allo stesso modo un contesto performativo individua, percorre, identifica e spesso stravolge una geografia.

Dall'incontro tra queste geografie nasce "Oh pun legs, Alice!"; da queste e da quelle che scaturiscono come spazi della mente dalla creazione artistica.

Si dice che, in arte, l’allestimento sia parte integrante della mostra. In esso, infatti, coesistono I significati intrinseci del percorso proposto e l’aspetto più prettamente estetico delle opere esposte.

Aspetto, quest’ultimo, che, è bene precisarlo, non va sempre di pari passo con un concetto assoluto di estetica, ma si accompagna alla personale dimensione estetizzante dell’artista.

In Adolfina De Stefani questo concetto allestitivo, che si trova espresso a livello base, assume un ulteriore ed interessante sviluppo.

Esso, infatti, diviene elemento costitutivo dell’esposizione, ponendosi come ponte di collegamento tra il “fare” dell’artista ed il “percepire” del pubblico e portando con sé, in modo del tutto chiaro, uno o più messaggi. Questo ruolo di “portatore di messaggi” è insito nell’allestimento tanto quanto l’idea progettuale della mostra o della performance contiene in sé il complesso di quel messaggio stesso.

Ecco, quindi, come da un legame tra “ruoli” differenziati, nasce uno sviluppo condiviso di pensiero, espressione, messaggio e percorso.

Proprio nell’idea del “percorso” sembra trovare terreno fertile la ricerca di Adolfina. Aiutandoci con un buon dizionario, se andiamo esplorando il termine “percorso” individuiamo che esso racchiude uno spazio, un itinerario ben precisato, una sorta di demarcazione di tappe attraverso cui esporre, dimostrare, arrivare "al dunque" su qualche cosa.

Se, quindi, il termine percorso sta ad indicare un cammino, la mostra di Adolfina De Stefani individua una sorta di geografia ambivalente: da un lato, infatti, essa individua lo spazio reale entro il quale lo spettatore si muove ed interagisce con le opere o con l'azione; dall’altro, essa sottolinea una descrizione tematica che si raffronta con il pensiero nella sua accezione più filosoficamente legata all’esistenza.

Ecco, allora, che è la vita ad entrare in questo percorso di ricerca, richiamando in gioco le opere. Il tema favolistico di Alice, evocato dal titolo della mostra, svolge un doppio ruolo: da un lato richiamare lo stile Carrolliano condito di giochi di parole (Pun in inglese indica proprio il gioco di parole) e, dall’altro, ragionare su Alice come tema universale di bellezza scevra di ogni malizia.

Alice, quindi, diviene elemento di partenza, base su cui innestare un gioco di rimandi che, attraverso la pittura, la scultura e l'azione scenica della performance giunge ad offrire significati che vanno ben al di là dell'immediatezza percettiva.

La bellezza, sinonimo di purezza estetica, richiama, così, il tema del cammino; si cammina, infatti, alla ricerca di una bellezza intrinsecamente pura, arricchente nei suoi più insondabili misteri. Le scarpe sono simbolo di questo cammino; sono scarpe usate, delicate e aggressivamente pure, ma al tempo stesso sono il mezzo di trasporto, il liquido di contrasto attraverso cui “tastare” il polso delle proprie emozioni, il capo di abbigliamento che mette in relazione il nostro corpo con il mondo che vive lì ad un passo da noi.

Il medesimo mondo che, spesso, è specchio dei comportamenti umani; il medesimo specchio attraverso cui Alice, nella favola di Lewis Carroll, viene introdotta nel mondo meraviglioso ed incantato della sua immaginazione.

Se le scarpe sono il mezzo di introduzione nel cammino attraverso questo mondo nuovo, il cappello è l’accessorio che ci permette di apparire diversi in questo mondo. E‘ però un cappello irto di spilli, gli stessi che si conficcano nella “mezza coppia di pane ferrarese” che, trasfigurata nell’immagine di due gambe aperte fa aprire gli occhi inorridendo al pensiero della violenza che il mondo ci propone quotidianamente.

Se il cammino è un duro percorso irto di insidie e di pensieri, la “stanza bianca” si pone come obiettivo da raggiungere, elemento innaturale che, però, richiama il simbolo naturale per antonomasia: l’albero.

Pur nel suo essere svuotato dei suoi normali contesti cromatici, l’albero, sia esso solo rappresentato su di una lastra di plexiglass trasparente o sia, invece, realizzato in scultura, diviene elemento di congiunzione con la bellezza dell’inizio. Entrambe, infatti, sono bellezze naturali, intatte, prive di qualsiasi maliziosa bruttura.

“Oh Pun Legs, Alice!” contiene in sé tutti questi elementi, perché come simbolo, riassume la complessità dell’esistenza in alcune delle sue accezioni.

Spuntano così vestito e travestimento, spazio e geografia dell’anima, fantasia e realtà, raccolti tra il bianco e nero di una scacchiera che altri non rappresenta se non una società fatta e costruita di ruoli predefiniti. A chi tocca, se non all'individuo, la rottura delle regole del gioco? Il guardarsi allo specchio per calibrare le proprie capacità sulle richieste d'aiuto degli altri?

La risposta ce la offre lo speculum che Adolfina De Stefani ci mette a disposizione e che rimanda immagini di un mondo distorto, che ci accompagna, ci strattona, ci priva della cecità estetica e morale di cui, spesso e volentieri, la società di oggi è irreparabilmente affetta.

Ferrara, settembre 2011

Michele Govoni