martedì 24 novembre 2009

Corpi Anticorpi

Performance e installazioni di artisti internazionali a cura di Adolfina De Stefani
Comune di Abano Terme – Museo D’Autunno 2009 – Museo Civico Villa Comunale Roberto Bassi Ratgheb via Appia Monterosso,56

L’arte del corpo

Quando il corpo dell’artista diviene opera d’arte e il suo gesto cifra stilistica fondamentale dell’opera stessa, l’immediata e quasi inevitabile conseguenza di ciò sembra non possa che essere la cancellazione di ogni confine fra arte e realtà, con il risultato di far apparire impossibile la creazione estetica come attività caratterizzata da particolarissima specificità costruttiva e da autonomia nel proprio operare, sorta di “zona franca” fra tutte le intraprese dell’uomo. Ciò, tuttavia, potrebbe essere vero semmai soltanto in parte e cioè in quanto occasione per spazzar via quanto già era morto, vuoto, ripetitivo e per infondere nuova linfa vitale nell’albero sempre incoercibilmente rigoglioso dell’arte.
Ma se va da sé che tale considerazione può, in effetti, venire formulata a proposito di qualsiasi congiuntura storica di rinnovamento e se in misura del tutto originalissima vale per le arti del secolo appena trascorso, segnato dalla presenza di quel fenomeno tutto novecentesco che furono le “avanguardie storiche”, lo si deve sicuramente affermare con forza ancora maggiore se ci riferiamo a quella che possiamo indicare come “arte del corpo”, una poetica che tanta parte ha avuto e continua ad avere nei territori delle arti contemporanee.
La vitalità delle quali si misura oltretutto nella capacità di sintonizzare con lo “spirito del tempo” senza venirne condizionata, positivamente e fruttuosamente contaminata nella misura utile ai suoi scopi – una vitalità che risulta ancora più rimarchevole considerando il fenomeno di cui ci occupiamo nel breve spazio consentito da questa nota.
Il corto circuito che scocca tra opera e artista, quando questa elegge i territori definito come “arte del corpo” quale ambito della sua ricerca e del suo lavoro, questo corto circuito è il simbolo più icastico della natura profonda dell’arte contemporanea, tanto se vogliamo considerarla in riferimento alla sua più intima essenza, quanto se riteniamo di relazionarla alle culture, alle società, alle temperie del periodo storico che viviamo.
Oltre a ciò e però anche fondamentale riflettere sul materializzarsi di qualcosa che comunque avviene, di un’opera d’arte, anche quando ci riferiamo ad una attività creativa riconducibile ad “arte del corpo”. Un materializzarsi beninteso del tutto singolare, spesso tradotto nel contrario di se stesso, quello “smaterializzarsi” che constatiamo imbattendoci in un’opera fatta di tracce video e video-foniche, di lacerti fotografici o di graffiti, di elementi multimediali localizzati o affidati all’universo del web.
Accanto a questi elementi – che in fondo possono ancora ricordare il dipinto o la scultura o il disegno della tradizione artistica occidentale piuttosto che, ad esempio, le mirabili stampe dell’arte giapponese o le raffinate miniature persiane – resta però vivissima un’altra “materialità” che, per quanto labile ed effimera, esiste e che è la “materialità” dell’azione” inscenata dell’evento performativo di “arte del corpo”. Per la durata della performance la concretezza dei corpi degli astanti, la cui presenza è determinante e assolutamente indispensabile per la stessa possibilità di esistenza dell’”opera”.
C’è inoltre un ulteriore aspetto di questa “arte del corpo” che la rende strutturalmente interconnessa al nostro esistere ed è la relazione dialettica che intercorre fra la fisicità, la materialità del corpo durante l’azione artistica e il suo contrario, un “anti-corpo” virtuale e immaginario dentro una “ civiltà” disumana, tendenzialmente opposta alle ragioni della vita.
La ricomposizione che l’”arte del corpo” attua attraverso l’esibizione performativa è quella dell’unicità del corpo umano (“reale” e “virtuale” insieme), cui è finalmente concesso di ritrovarsi, di ritrovare nell’operazione artistica una sorta di auto- affermazione, di immunizzazione contro i virus distruttivi che vogliono disgregarlo fino a dissolverlo, dopo avere in tal modo suscitato e sviluppato i necessari “anticorpi”.
Tutto dunque torna al suo inizio, in un’incessante circolarità che ci trova protagonisti della nostra stessa vita attraverso le benefiche strade che l’”arte del corpo” ci invita nel corso di essa a percorrerle.


Bruno Francisci

venerdì 6 novembre 2009

OPEN HOUSE GARDEN



1, 2, 3 maggio 2009

OPEN HOUSE GARDEN è un progetto di arti visive che si è svolto in un luogo inusuale. Un luogo difficile da etichettare, laboratorio, pensatoio, palcoscenico, una residenza privata “LOVE DIFFERENCE” situata in un’oasi naturalistica sullo sfondo dei colli Euganei. Una residenza che ha aperto le porte di casa, il giardino all’arte visiva, ma in particolare ha coinvolto artisti nel lavoro di “OPEN AIR”.
Un progetto di arte contemporanea ideata con una forza pulsante e viva che oltre a richiamare un pubblico numeroso e importante ha regalato tre giorni di nutrimento non solo di arte ma di amore nei confronti di una natura generosa e profumata come non mai in questi primi giorni di maggio.
Ecco che in questo scenario dove la natura è la vera protagonista “OPEN HOUSE GARDEN”è diventato luogo di immersione,totale, un incontro di dimensioni diverse a contatto con la natura portando ossigeno come fluido rivitalizzante per la qualità della nostra vita ad un numeroso pubblico.
Un evento speciale che ha visto coinvolti moltissimi artisti liberi di esprimere attraverso le arti visive il proprio messaggio.