giovedì 24 agosto 2017

Like the Bee Gathering Honey di Chiara Tubia

L’arte di Chiara Tubia: una lettura
Nei variegati e complessi aspetti dell’arte di Chiara Tubia, è possibile rintracciare, in modo quanto mai eclettico e originale, sia alcuni interessanti aspetti dell’ascesi e della spiritualità, sia il tentativo di liberarsi dal peso e dagli ostacoli derivanti dalle sovrastrutture sociali e storiche che rendono difficile la riscoperta della propria essenza interiore, e quindi della spiritualità macroco- smica del princìpio metafisico alla quale è collegata. In una zona intermedia tra questi due opposti poli si dispiega tutta l’arte di Chiara, e propriamente come tensione liberatrice e movimento asceti- co di purezza. È vero che tutte le innumerevoli situazioni ed esperienze della vita ci segnano fino a condizionare la formazione della nostra identità, ma è anche vero che ogni individualità è chiamata a ripulire continuamente queste “croste di inautenticità” al fine di riscoprire e di mantenere integra la propria essenza. Ecco dunque che le tensioni e gli antagonismi sono qui superati e risolti in un’interessante armonia che solo può essere indice di un tratto di elevatezza e di spiritualità, per quanto elementare e riduttivo esso possa inizialmente apparire.
Ma sarebbe assai riduttivo leggere queste forme espressive come un troppo facile e imme- diato tentativo di rifiutare le forme di un mondo ritenuto inautentico e fenomenicamente troppo de- clinato sulle “apparenze”, rigettando queste ultime nel sintagma filosofico della «negazione». In realtà, così come l’ape raccoglie il miele da tanti fiori diversi, e in tal modo si arricchisce, così il saggio - o chiunque aspiri ad esserlo - trae arricchimento dalle mille forme essenziali in cui si mani- festa l’intero creato. Ne discende il caleidoscopico succedersi di innumerevoli forme derivanti da elementi antropologici, culturali, estetici, religiosi, e il conseguente tentativo di utilizzarli come «ponti» e vie per accedere ad una dimensione “altra”, che sta “dietro” e “oltre”, ma senza escluder- le. Ogni vera «essenza», infatti, è contenuta in ogni elemento visibile, e si trova quindi ovunque. Il processo che qui si mette in moto è una modulazione, una trasformazione, un dipanarsi nelle forme del mondo, e attraverso di esse. Va da sé che queste modalità processuali mettano spontaneamente in atto un meccanismo di ricerca, il dubbio della domanda - ermeneuticamente sempre aperta - che suscita nello spettatore. Quella domanda di senso che da sempre ha animato la posizione dell’uomo nel cosmo e che ha dato il via alla cultura, al suo senso, alla filosofia, e all’arte.
Questa spinta liberatrice non può più essere dunque «fuga», né tantomeno negazione. Essa deve essere vista piuttosto come movimento di ricerca e riappropriazione della propria e più vera essenza interiore. Nelle culture orientali è assai noto il princìpio secondo cui conoscere, innalzarsi spiritualmente e purificarsi sono un tutt’uno. Conoscenza e prassi diventano un unico processo. Non è possibile pertanto vedere queste istanze in modo separato.
Il senso d’infinito che contraddistingue la metafisica orientale (l’artista ha soggiornato a lungo in India) può essere rintracciato in questo tipo di arte proprio attraverso quella percezione dei tratti essenziali di ogni autentica metafisica orientale: l’essenza, la sintesi, l’unità, l’interiorità, la stabilità, il silenzio, la beatitudine, l’eternità1. E poiché qui si sta parlando di una dimensione che sta al di sopra della ragione (sovra-razionale e intuitiva), il convenzionale linguaggio umano non può più essere adatto ad esprimere queste dimensioni. Ed ecco allora l’esplicarsi dell’arte e nell’arte, con tutte le sue forme e tutte le sue modalità. Infatti, tanto l’anima interiore quanto l’intero universo non si manifestano soltanto sul piano razionale, ma anche, appunto, su quello infra-razionale e so- vra-razionale: c’è il manifestato ma anche il non manifestato; c’è il formale ma anche l’informale. L’esplicabilità di questi livelli irrazionali, assolutamente impossibile mediante il linguaggio delle
1 Su questi temi, sui tratti della spiritualità e della metafisica, da un lato, e sui tratti materialistici e dissolutivi della mo- dernità, dall’altro, si veda il mio studio Uno sguardo dall’alto - La perdita della “qualità” nell’Occidente moderno se- condo René Guénon, Aracne, Roma, 2015 (il medesimo testo è edito anche da E.A.I - Edizioni Accademiche Italiane, Berlino, 2017).
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parole, trova nell’arte una forma quanto mai interessante di espressione, e così pure il fruitore di queste opere potrà ritrovarsi e riscoprirsi in esse.
La dimensione temporale - da sempre simbolo di errore, peccato e imperfezione - è qui supe- rata mediante la rappresentazione di alcuni frammenti presi da complesse simbologie culturali, e in parte re-inventati in chiave artistica. Si può così comprendere l’evidente rinvio alla dimensione me- tafisica, espressa mediante una sorta di “fluire leggero”, di “mutazione” e di “innalzamento”. Nel confuso mondo del rumore e della velocità, la calma, la leggerezza e il silenzio interiore diventano - anziché reazione - ri-scoperta e affermazione della dimensione più vera e autentica della propria «essenza interiore». Le mille forme di alienazione e di smarrimento che sempre la eclissano vengo- no qui modulate, re-interpretate, traslate, in un infinito gioco di rimandi e di rinvii, fino a giungere al richiamo di quel verbo che, in quanto eterno, sa di essere immortale. È soltanto da questa angola- tura di senso che si può riscoprire la possibilità di un’efficace ricostruzione del senso più vero delle cose. Poiché non vi può essere tramonto né morte alcuna per un verbo che sa di essere eterno. E ciò che sembra rimanere, alla fine, è soltanto la domanda sul modo e sui modi con i quali è possibile accedere ad esso.
Dario Roman 

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