Comunicato stampa
3D GALLERY
extraMOENIA project
elements of architecture
in concomitanza con la 14. Mostra Internazionale di
Architettura di Venezia
presenta
Masayuki Koorida
Sette
sculture da camera
a cura di
Adolfina De Stefani e Gaetano Salerno
presentazione critica a cura di Gaetano
Salerno
con la collaborazione
di
Karin Reisovà
AREACREATIVA42
sabato 20 settembre 2014, ore 19.00
Nuovo appuntamento presso la 3D Gallery di Venezia Mestre con la seconda parte della rassegna extraMOENIA, progetto di ricerca ideato
e curato da Adolfina De Stefani e Gaetano Salerno, in collaborazione con Mismomatic, Segnoperenne, focalizzato sull’indagine e sulla documentazione del
rapporto tra arte e vita, tra finzione e realtà, tra artista e spazio interno/
spazio esterno della galleria.
extraMOENIA, dopo le sette esposizioni personali realizzate nel periodo compreso
tra dicembre 2013 e maggio 2014, ha inaugurato nel mese di giugno una seconda
fase di ricerca, per costruire un ponte ideale con la 14^ Mostra di Architettura di Venezia e in relazione alla quale i
curatori della galleria hanno strutturato un percorso di ricerca, da
svilupparsi fino alla fine del 2014, che vedrà protagonisti un numero
consistente di artisti in dialogo tra loro e con i temi proposti e dibattuti dall’importante
appuntamento veneziano.
Il titolo Fundamentals, scelto dal curatore Rem Koolhaas per l’edizione 2014 e Elements of Architecture, rassegna
ospitata presso gli spazi del Padiglione
Centrale dei Giardini della Biennale,
esprimono al meglio il concept di extraMOENIA
project e lasciano intravedere, dopo lunghi anni di sperimentazioni e di
ricerche empiriche nel campo dell’abitare
e del vivere lo spazio e l’ambiente,
un ritorno ai concetti fondamentali e alle regole basilari del costruire, pratica da intendersi come
espressione logica e razionale dell’intelletto umano nella ritrovata
consapevolezza che la dimensione urbana rappresenta l'espressione
visibile della vita sociale.
Dopo La Corrispondenza del Tutto
del fotografo bassanese Gian Paolo Lucato (gli scatti palladiani con i quali è
stata inaugurata la rassegna e attraverso i quali sono stati discussi i canoni
estetici e funzionali dell’architettura classica) e No More Landmarks dell’artista
padovano Emmanuele Panzarini (riflessione
sull’architettura moderna e contemporanea e sul suo valore simbolico negli
scenari urbani) la rassegna prosegue con la mostra SETTE SCULTURE DA CAMERA, personale dello scultore giapponese Masayuki Koorida, a cura di Adolfina De Stefani e Gaetano Salerno e realizzata in
collaborazione con Karin Reisovà e Areacreativa42, la cui inaugurazione è
prevista per sabato 20 settembre 2014
alle ore 19.00.
Sette lavori in marmo bianco, marmo nero
e bronzo di piccole dimensioni, pensati e realizzati per una fruizione
domestica (sculture da camera, per l’appunto), riportano all’interno del luogo
concluso e definito della galleria (intesa come luogo domestico dell’intimità e
dell’interiorità) oggetti la cui valenza estetica e la potente e assoluta
ieraticità consentirebbe una loro collocazione, accresciuti nelle dimensioni,
in spazi esterni, in luoghi cittadini e contesti urbani, al fine di tessere
relazioni significative con lo spazio sociale al fine di indurre riflessioni
sulla loro natura e sulla loro funzione.
I lavori dell’artista (nato a Kyoto nel
1960; vive e lavora a Shanghai ma è attivo in vari paesi europei, tra i quali
l’Italia e l’Olanda) presentati in questa occasione ricalcano sculture più
grandi che l’artista ha realizzato con gli stessi materiali e le stesse forme,
fondendo tradizioni e culture figurative orientali e occidentali; già esposti
in occasione di eventi artistici in Italia e all’estero, i lavori innescano
così una riflessione sul valore e sul significato dell’oggetto artistico in
relazione allo spazio (macroarea o microarea) nel quale l’oggetto esiste e con
il quale, indipendentemente dalle dimensioni, individua relazioni di
coesistenza e di compresenza, di accettazione o di rifiuto, ricercando nelle
forme arrotondate e organiche i presupposti per un inserimento graduale e non
invasivo delle masse scultoree in un luogo preesistente all’opera d’arte e
predominante in rapporto all’opera d’arte stessa, la cui biunivoca relazione
esprime la sintesi di elementi razionali ed astratti.
I sette lavori di Masayuki
Koorida, ospitati negli spazi espositivi della 3D Gallery dal 20 settembre al 2 ottobre 2014 entreranno così in
dialogo con il luogo espositivo svuotato per l’occasione delle molte opere che
invece hanno rappresentato il nucleo della ricerca del progetto elements of architecture e che
resteranno invece esposte presso La
Barbagianna: una casa per l’arte contemporanea di Pontassieve (Firenze) fino
al 30 ottobre 2014, all’interno della XXIII
Rassegna di Arte Contemporanea.
Scrive
il critico d’arte Gaetano Salerno a
proposito delle Sette sculture da camera nel testo critico L’energia del vuoto:
“
[…]L’artista colloca la propria essenza vitale entro volumi aggreganti e
contenutivi, limitati alla giusta espansione fisica e in costante sintonia con
l’ambiente circostante, nell’evidente certezza che soltanto un’iperbolica
torsione ulteriore, una divagazione estrema non ponderata, potrebbe turbare
irrimediabilmente l’ordine superiore che in qualunque elemento terreno
rappresenta la regola prima di esistenza e di qualunque elemento terreno
diviene metro misurativo nel rapporto con l’alto e lo spirituale e con
spazialità sempre difficili da razionalizzare e determinare.
Un’esperienza
polimaterica con la quale saggiare la duttilità ma anche la resistenza e la
durezza degli elementi alle piegature e alle mutazioni, giocata sul rispetto
delle specifiche caratteristiche elementari delle loro nature che consente
all’artista di alternare i pieni e i vuoti, le esuberanze delle sporgenze e
delle gonfiature alle evidenti esigenze compositive di rientranze e assenze,
quasi a esprimere un pensiero che ricerca appigli piuttosto che rotture,
chiarimenti piuttosto che fraintendimenti, con il nostro mondo sensibile.
Dalla
materia manipolata, smerigliata, lucidata da Masayuki Koorida sembra liberarsi
così un sinestetico coinvolgimento tattile che non necessità però d’interazioni
fisiche; accettare l’enigma espresso da questi lavori diviene perciò un
processo mentale involontario di chi ne affronta la presenza, contemplando non
solamente un volume quanto piuttosto una sensazione che la forma non ancora
giunta a completa definizione eppure già eternata nella fissità del marmo o del
bronzo può lievemente suggerire, mai imporre, realizzando il connubio tra
realtà e astrazione [… ]”.
presentazione critica venerdì 20
settembre 2014, ore 19.00
apertura mostra 20 settembre | 02
ottobre 2014
martedì, mercoledì e venerdì
ore 16.00 | 20.00
in altri giorni e in altri
orari la galleria è visitabile su appuntamento
contatti
+ 39 049 91 30 263
+ 39 349 86 82 155
Lo spazio espositivo si trova nella galleria del Palazzo
Donatello, vicino al Centro Culturale Candiani
3D Gallery
Via Antonio Da Mestre, 31
Venezia Mestre
Masayuki Koorida L’energia
del vuoto
testo critico a cura di Gaetano
Salerno
Come l’acqua o il vento, privi di
forma propria e pronti ad accettare il polimorfismo degli elementi con i quali
entrano in contatto evitando che l’incontro sia scontro e ne disperda
l’energia, così la scultura giapponese mutua dagli elementi della natura la
propria struttura per espandersi nello spazio e trovare con esso la propria
dimensione e la propria valenza esistenziale; giammai aggressiva e invasiva,
piuttosto silenziosa e affine alla ricerca di dialoghi semantici e coesistenze
che consentano alle superfici concave e convesse di accettare il peso
impercettibile eppure pregnante dell’aria e della luce.
L’arte orientale, principalmente
quella giapponese, dalla scrittura alla figurazione, ha sviluppato nel tempo
una struttura compositiva orientata alla cancellazione della linea retta,
rifiutando l’intersezione dell’angolo inteso come segno di rottura e di cesura
di un concetto la cui energica significazione deve invece avvenire attraverso
un flusso ininterrotto e inarrestabile.
La linea curva, la successione di
perentorie divagazioni circolari, ha incontrato nella sinuosità
dell’inarcamento e della morbidezza il principio d’intromissione nel mondo
degli oggetti, rendendo possibile e logico il passaggio dall’ideogramma al
pittogramma e dalla forma bidimensionale (ma già aprioristicamente scultorea)
alla massa tridimensionale; un’espansione armonica e organica, dall’idea
potenziale all’idea attuata, il cui tragitto e la cui mutazione hanno mantenuto
inalterati gli stessi principi armonici degli elementi fenomenici, il giusto
equilibrio cioè tra le parti.
Osservare la scultura di Masayuki
Koorida significa dunque entrare in simbiosi con le euritmie del Cosmo – anche
quando le dimensioni ridotte di questi lavori suggeriscono l’esplorazione
puntuale e analitica di un macromondo in scala ridotta, ridefinendo il rapporto
tra il particolare e l’universale – attraverso un’ininterrotta rincorsa di
linee curve e sinuose entro le quali gli elementi materici acquisiscono forma,
senza mai apparire eccessivi o debordanti.
L’artista colloca la propria
essenza vitale entro volumi aggreganti e contenutivi, limitati alla giusta
espansione fisica e in costante sintonia con l’ambiente circostante, nell’evidente
certezza che soltanto un’iperbolica torsione ulteriore, una divagazione estrema
non ponderata, potrebbe turbare irrimediabilmente l’ordine superiore che in
qualunque elemento terreno rappresenta la regola prima di esistenza e di
qualunque elemento terreno diviene metro misurativo nel rapporto con l’alto e
lo spirituale e con spazialità sempre difficili da razionalizzare e
determinare.
Un’esperienza polimaterica con la
quale saggiare la duttilità ma anche la resistenza e la durezza degli elementi
alle piegature e alle mutazioni, giocata sul rispetto delle specifiche
caratteristiche elementari delle loro nature che consente all’artista di
alternare i pieni e i vuoti, le esuberanze delle sporgenze e delle gonfiature
alle evidenti esigenze compositive di rientranze e assenze, quasi a esprimere
un pensiero che ricerca appigli piuttosto che rotture, chiarimenti piuttosto
che fraintendimenti, con il nostro mondo sensibile.
Dalla materia manipolata,
smerigliata, lucidata da Masayuki Koorida sembra liberarsi così un sinestetico
coinvolgimento tattile che non necessità però d’interazioni fisiche; accettare
l’enigma espresso da questi lavori diviene perciò un processo mentale
involontario di chi ne affronta la presenza, contemplando non solamente un
volume quanto piuttosto una sensazione che la forma non ancora giunta a
completa definizione eppure già eternata nella fissità del marmo o del bronzo
può lievemente suggerire, mai imporre, realizzando il connubio tra realtà e
astrazione.
Spingendosi così oltre il confine
di queste superfici apparentemente autoreferenziali si estende, per negativo,
l’inizio di una nuova scultura più grande e maestosa – l’ambiente - nei
confronti della quale l’artista nulla può e nulla deve, se non mantenere
sacrali distanze pur ricercando spunti colloquiali e affinità; così, terminata
l’esplorazione visiva di queste curve che conducono primariamente al loro
centro attraverso una forza nascosta centrifuga, un nuovo magnetismo – questa
volta dispersivo – ci conduce al loro esterno, sviluppando vettori centrifughi
che conducono le nostre osservazioni al fluido atmosferico che ne limita e
segna definitivamente le parti, collocando cioè questi organismi nel flusso
continuo di una vita che esiste, indipendentemente dalle regole imposte dall’artista,
dentro e fuori le cose.
L’iconoclastia rigorosa di questi
volumi racchiude reminescenze scintoiste e buddiste e nessi minimalisti che si
lasciano contaminare da filosofie orientali e occidentali, due soluzioni cioè
apparentemente simili di percorsi speculativi invece ben distinti; il rifiuto
di figure conclamate e riconoscibili avvicina perciò questa produzione
scultorea ad archetipi in via di catalogazione, ricalcando l’incipit di un
Universo che ha esaurito la sua carica eversiva ed entropica solamente quando
la decodifica di codici binari ha rifuggito il disordine cosmico, realizzando
un complesso e indecifrabile e incomprensibile ordine logico superiore
all’interno del quale la costante cosmologica che muove l’espansione della
materia si disperde e si afferma nell’energia del vuoto.
Una simmetria talvolta interrotta
da un divagare fuori scala, da un eccedere sempre prontamente recuperato da un
espressivo ripensamento, conferiscono a ciascun lavoro una dimensione fisica e
spirituale eterna, sublimando la forma terrena dell’oggetto e il suo vincolo
gravitazionale a una sensazione di levità e di levitazione che scompagina le
regole fisiche ambientali, alleggerendole in spazialità improprie che la
scultura, vittima della sua consistenza materica, difficilmente potrebbe
intercettare, evidenziando inoltre quanto sotto la struttura epidermica
immobile l’energia atomica scorra e vibri.
Nelle sculture dell’artista è
così presente (forse prigioniero) un principio mistico primordiale,
indiscutibile per quanto irraggiungibile, racchiuso come archetipo universale
di un Tutto che ricerca la sua sussistenza nel Nulla, che dalla finitezza del
nostro pensiero ricerca invece nuove azioni verso l’infinitezza e l’indefinito,
consapevole che la materia possa esistere e continuare a espandersi fino al
confine invisibile dell’antimateria, che la luce esista solo nei meandri della
sua assenza, all’interno perciò di un buio atavico e spaventevole che i lisci e
lucenti lavori di Masayuki Koorida cercano, riflettendo e riverberando
parossisticamente la luce, di sconfiggere.
The energy of the
empty space
Japanese sculpture borrows its structure from the
natural elements, occupying the space, finding its own dimension and its own
existential value as if it was water or wind that don’t have their own shape
and that are ready to accept the polymorphism of the elements they get in
contact with, avoiding a collision that would disperse their energy. It is
never aggressive and invasive whereas it is silent and uses to search for semantic
dialogues that could allow the concave and convex surfaces to accept the subtle
and at the same time meaningful weight of the air and of the light.
The Oriental art, especially the Japanese one, in its
narrative and figurative form, developed a compositive structure that tends to
the removal of the straight line, that refuses the intersection of the corner
as a symbol of breakage while it claims it as a concept whose energetic meaning
must be conveyed through a continuous flow.
The curved line and the sequence of peremptory round
parenthesis, through the winding of the arching and the softness has found the way to interfere
in the material world and has therefore
made possible and obvious the transition from the ideograph to the
pictograph and from the two-dimensional shape (sculptural a priori) to
the three-dimensional mass; an harmonious expansion from the prospective to the
actualized idea whose trajectory and changes kept the same harmonious
principles of the phenomenal elements, that is to say the right balance between
the parts.
When we look at Masayuki Koorida’s sculptures
therefore, we become a whole with the pulses of the Universe through a
continuous chase of curved and winding lines that give shape to the material
elements without making them seem excessive or overflowing – even when the
limited dimensions of these works suggest the punctual and analytical
exploration of a reduced macro-world redefining the relationship between the
particular and the universal.
The artist puts its own life essence into volumes that
are unifying and full of contents, that limit themselves to the right physical
expansion and that are always in tune with the surrounding environment. There
is the undeniable certainty that only an additional hyperbolic twisting, an
extreme and not pondered parenthesis, could unsettle hopelessly the superior
order that is the ground rule of the existence of every terrestrial
element and that represents the measure
tape in the relationship
between the terrestrial element and the high and the
spiritual and with spaces difficult to be rationalized and determined.
An experience that explores multiple materials and
that makes us determine the flexibility but also the resistance and the
rigidity of the elements towards the twisting and the mutations, an experience
based on the respect towards the basic features of their nature and that allows
the artist to interchange full and empty spaces, the abundance of the
protrusions and the necessary indentations and absences. It seems as if he would
like to express a thought that is looking for handholds instead of breakages,
clarifications instead of misunderstandings with our perceivable world.
The material manipulated, frosted and polished by
Masayuki Koorida seems to free a synaesthetic tactil involvement that does not
require physical interactions. To accept the mystery of these works is
therefore an accidental mental process of the spectator who does not
contemplate merely a volume but rather a feeling suggested, never imposed, by
the shape incomplete and at the same
time immortalized in the stillness of
the marble or the bronze, realizing the bond between reality and
abstraction.
A new, bigger and more majestic sculpture –the
environment- extends itself beyond the border of these apparently
self-referential surfaces. The artist can only keep sacred distances from it
even if he looks for dialogue opportunities and similarities. In this way, once
we cease to observe these curves that lead to their centre through a hidden
centrifugal force, a new dispersive magnetism lead us to their exterior
allowing us to observe the atmospheric fluid that delimit their parts
positioning this organisms in the continuous flow of a life that exist, inside
and outside the things, irrespective of the rules imposed by the artist.
The strict iconoclasm of these volumes brings to the
mind vague shinto and Buddhist recollections and minimalist connections tainted
by eastern and western philosophies, the similar ends of two speculative paths
extremely different one from the other. The denial of recognizable figures
approaches this sculpture to archetypes that are going to be catalogued, and
reminds us of the beginning of a Universe that has run out of its subversive
and entropic tension only when the decoding of binary codes has shun the cosmic
disorder, realizing a complex and incomprehensible logic superior order inside
which the cosmologic constant that moves the expansion of the matter scatter
and affirm itself in the energy of the empty space.
This symmetry sometimes is broken by an excessive
parenthesis, by an excess always brought down by an expressive afterthought gives
each work a physical and spiritual eternal bringing the earthly form of the
object to a feeling of levitation that modifies the rules in relieving physical
environmental spatiality is not appropriate to sculpture because of its
material consistency. In this way it is evident that under the epidermal
structure property of matter Atomic Energy flows and vibrates.
In the sculptures of the artist is so present (perhaps
a prisoner) a primordial beginning mystical and unattainable, enclosed as a
universal archetype of all that research for his subsistence nowhere. It from
our limited thinking, new research actions towards the infinite and indefinite,
aware that the matter can exist and continue to expand to the border invisible
antimatter and that light exists only in the space of his absence. Therefore inside of a dark and
terrible atavistic that smooth and shiny work of Masayuki Koorida looking ,
thinking and reverberating paroxysmally the light of defeat .