PARADISUM THEATRUM - Progetto di Arti Visive
MY BAG OF FLOUR
di Ruggero D’Autilia
a cura di
Adolfina de Stefani
presentazione critica
a cura
di
Gaetano Salerno
14-29/04/2018 Inaugurazione sabato 14 aprile 2018 ore 18.30 Oratorio di Santa Maria Assunta via Rossignago 30038 SPINEA (VE)
La
mostra, visitabile fino a domenica 29
aprile 2018, è organizzata da VISIONI ALTRE con il patrocinio del Comune di SPINEA (VE);
La
mostra di Ruggero D’Autilia presenterà al pubblico una selezione di lavori
centrati sul tema My Bag of Flour.
Scrive il critico d’Arte
Gaetano Salerno: la personale My bag of flour di Ruggero D’Autilia
sviluppa, attraverso una breve selezione di lavori pittorici (e un video), un
percorso tematico specificamente pensato dall’artista e dal critico d’arte
Gaetano Salerno per l’Oratorio di Santa Maria Assunta di Spinea, oggi
suggestivo luogo espositivo ma fin dall’XI secolo importante centro di culto
mariano, ancora dominato dalle reiterate figure della Vergine e del Bambino
presenti nei lacerti degli affreschi della navata.
L’evento
vuole infatti indagare il mistero del rapporto intimo di madre e figlio oltre
la spiritualità e la sacralità della relazione divina; i lavori presenti
coinvolgeranno i visitatori in un cammino terreno e carnale in cui entrambi gli
attori di questa storia divengono sostanze fisiche, voluminosi e
sovradimensionati elementi pittorici, per riportare nell’attualità e
nell’autobiografismo il legame che lega da sempre - e primariamente - due
esseri umani coinvolti nel medesimo destino, ciascuno strumento di un progetto
iniziatico il cui centro lascia affiorare forte e dominante, dall’accettazione
del concepimento all’accettazione della morte, un sentimento d’amore intimo e
assoluto.
Nel
ciclo esistenziale che la mostra evidenzia, emerge l’accoglimento fideistico di
misteri dogmatici che la razionalità dello sguardo talvolta sembra non essere
in grado di cogliere e di comprendere.
Il
pensiero diviene esso stesso parte integrante di questa palingenesi,
illuminazione improvvisa che lega il figlio alla madre e la madre al cielo
senza apparenti né logiche spiegazioni, senza evidenti moti dell’animo se non
un atavico senso di appartenenza e di determinazione dell’uno nell’altra e di
entrambi nel tutto.
Dall’archetipo
della madre, dalla saggezza antica espressa dalla sua silente presenza che
assolve una funzione creatrice e mediatrice ha origine così una millenaria
storia che vede plasmare il figlio della salvezza come un amalgama di acqua e
farina, impastato con la medesima cura, la stessa lenta attenzione, la stessa
paziente dedizione tramandata da generazioni passate e scandita da saperi
presenti che desacralizzano l’evento riconsegnandolo all’attualità e alla
quotidianità.
Prima
dei pianti e dei vagiti del bambino, oltre il sangue e la tragedia dell’uomo,
tra gli sprazzi di bellezza e di armonia che l’esistenza terrena (così come
questa ricerca pittorica) nasconde sotto un ampio manto di sofferenza, molto
prima e molto dopo dunque che si compia il destino di ciascuna singola umanità,
esiste il silenzio e l’idea generante che questa mostra, lontana dai clamori
delle urla e della suggestione visiva, analizza con tele prive di colore,
parcamente delineate da emblematiche scale di grigi, da volti e corpi eloquenti
stagliati dalle ombre, per visualizzare il limbo affettivo materno determinato
dai propri contrasti, dai propri limiti temporali terreni, qui resi visibili
dagli invalicabili confini del bianco e del nero.
Se
la morte è nera la vita è bianca e richiama il candore ancestrale di un pugno
di farina gelosamente conservata nel sacco della vita e della memoria, il gesto
leggero e consolante di una mano che in essa intuisce il principio vitale di
ogni esistenza e, con amore, le conferisce forma e consistenza, agendo sulla
materia come la mater dolorosa che tramuta il proprio gesto in figlio,
accettandone la trasformazione e alludendo, in questo particolare luogo
espositivo, al dogma della Transustanziazione.
E
all’immanenza di una sostanza mossa dall’amore che trascende la sua contingenza
fisica, oltre la sua limitante definizione nel tempo e nello spazio, guarda
questa pittura che dissolve la rigorosa definizione di citazioni - manieriste e
caravaggesche - nell’immateriale e pura energia della luce.
Ruggero D’Autilia dopo gli studi
al Liceo Artistico, ha conseguito nel 1984 il diploma del Corso i Pittura all’
Accademia di Belle Arti di Lecce.
E’ docente di Discipline
Grafiche e Pittoriche presso il Liceo Artistico Statale di Venezia.
Il suo percorso
artistico, fondato su un linguaggio visivo e lirico attento alla
sperimentazione, si sostanzia del decisivo incontro con il poeta Edmond Jabès.
In seguito ad una attenta riflessione sul fare
pittura, si dedica all’approfondimento di temi, tecniche e poetiche dei maestri
del ‘500 e del ‘600, allargando gli ambiti della sua ricerca anche in altri
campi della produzione artistica, in particolare nella performance e nel video.
Vive e Lavora a
San Donà di Piave (VE). E’ presente in molte esposizioni personali e collettive
in Italia.
Ferimento di Amore | 2017, olio su tela, 216x240 cm |