domenica 8 aprile 2012

"A BOCCA APERTA" serata italo-spagnola tra cibo arte e poesia

Con il patrocinio della

Ir a la página principal

Miguel Ángel Cuevas e Massimo Casagrande

IV-V 2012

ESCRIBIR EL HUECO / SCRIVERE L’INCÀVO

Studio per Jorge Oteiza

Numerosi gli apuntamenti tra fine Aprile e i primi di Maggio che vedono protagonisti il poeta spagnolo Miguel Ángel Cuevas e l’artista Cittadellese Massimo Casagrande per presentare in esclusiva nazionale l’opera letteraria e pittorica Escribir el hueco/ Scrivere l’incàvo edita da Il Girasole Edizioni, Valverde (CT) 2011. Il primo appuntamento si terrà presso il Museo Goldoni di Venezia per poi proseguire a Galzignano Terme, Bologna, Firenze, Bassano del Grappa, Cittadella e Galliera V.ta.

Escribir el hueco/ Scrivere l’incàvo, significa il primo tributo poetico articolato in un poemetto che riceve il grande artista basco Jorge Oteiza. Percorrere i frammenti che lo compongono permette di assistere al palesarsi di una parola che si pretende eco dell’opera scultorea: ma non in quanto diretta illustrazione, bensì come indagine nell’estetica sottostante. Lo stesso serve per i disegni che corredano il testo poetico. Un’esperienza che si pone polemicamente contro l’arte, contro la poesia come forme simulative. Che muove verso l’immobilità astratta della traccia, sia essa tratto o parola. Che cerca di costruire il vuoto, incàvo oppure interstizio che soltanto può essere accerchiato, recintato: la cavità richiama, colloca, richiede. Qui, in questo libro, in questo luogo spoglio, scabro, frattura: da cui scaturisce e attinge la cifra riarsa, il limite dissonante, le chiazze sulla materia forma di sè stessa. Esperienza imboscata, spazio raggiunto: spazio che bisogna calcare, nominare.

Gli autori

Miguel Ángel Cuevas (Alicante, 1958) insegna Letteratura Italiana all’Università di Siviglia. Ha curato traduzioni spagnole di Pirandello, Lampedusa, Pasolini, Consolo, Scandurra, Maria Attanasio; e, per i tipi del Girasole Edizioni, versioni italiane de Il fulgore e Tre lezioni di tenebre di José Ángel Valente. Ha pubblicato le raccolte poetiche Celebración, Manto, Silbo, Incendio y término; in Italia, in autotraduzione, l’antologia 47 Frammenti (Altavoz, Caltagirone, 2005).

Massimo Casagrande (Cittadella, 1970) attivo nella scena artistica dal 1995 ha esposto in oltre cento mostre tra collettive e personali. Ha esposto in Italia, Germania, Inghilterra, Austria, Spagna, Belgio e Stati Uniti. Nel panorama dell’arte informale veneta è considerato dalla critica internazionale come una delle personalità più originali e stilisticamente convincenti. Collabora abitualmente con il poeta Miguel Ángel Cuevas nella realizzazione di libri d’arte, le cui opere (tasselli di voluti cicli, fra cui Connessio-ni, Prestigio delle Rovine, Interventi, Ossa su carta) indagano spesso nella sovrapposizione tra linguaggio figurativo e scrittura. Di recente la scuola secondaria “Luigi Pierobon” di Cittadella (PD) lo ha inserito nel programma di studio del patrimonio artistico e dei beni culturali del cittadellese, del veneto e dell’italia.

martedì 28 febbraio 2012

oh pun legs, ALICE! White Running

"OH PUN LEGS ALICE!"
White Running
Solo Show di Adolfina de Stefani
a cura di
Federica Bianconi


2 marzo ore 18.00, 
U-MAN contemporary art space project 
via G.B. Miori n. 4 Marano d'Isera (TN)

presenta: 


“I tuoi alberi non sono creature adatte a innamorare i distratti, esibiscono la malattia universale…” (Rubina Giorgi)
Nello spazio di U-MAN Adolfina de Stefani incontra il mito dell’infanzia e mette al centro della scena la meraviglia (le fantasie, le peripezie, le cose) di una ragazza sorprendente quanto innocente:
Alice, la creatura raccontata dal reverendo Charles Lutwidge Dogson, meglio conosciuto come Lewis Carroll.
La storia è risaputa: Alice incontra Bianconiglio che le indica il percorso da seguire in un nuovo mondo dettato dalla fantasia e dall’immaginazione.
Comincia una corsa a perdifiato irta di ostacoli e cadute, interrogativi e curiose presenze, per passare dalla fanciullezza ad un’adolescenza più consapevole:
una dimensione reale nei cui codici non le è facile inserirsi né per Alice né per Adolfina.
Attratta dal cortocircuito d’impronta carolliana l’artista veste i panni di Alice per raccontare il Suo viaggio dentro ad un mondo rovesciato e
dare voce ad una condizione esistenziale scandita da dilemmi e sorprese, a volte sinistre, ma mai definitive.
"Oh pun legs, Alice!" si rivela una operazione magica ed enigmistica carica di implicazioni simboliche e di sogni, un percorso articolato capace di oltrepassare ogni porta, ogni scatola chiusa, ogni ostacolo.
Tra letteratura ed arte, metafore e giochi di parole, l’artista perde e rincorre se stessa attraverso l’incanto di Alice poi, per farsi ritrovare, dissemina indizi.
Il pellegrinaggio di Alice non è tracciato sistematicamente ma alluso e ricostruito nelle sculture, di grande forza vitale e immaginifica, nei dipinti e nella vasta architettura della scacchiera, in cui lo spettatore può immergersi e collocarsi direttamente dentro alla Sua storia (come sulla torre merlata, tra la scarpa, il mondo, i libri, uno specchio, i fiori…) giocando la partita della vita e scegliendo ruoli intercambiabili.
"It's a dreamy weather we're on"
(Tom Waits)
Senso, nonsenso, tanti rimandi e una buona dose d’ironia si manifestano nelle opere senza lenire alcun contrasto e abdicando i colori.
Prevale il bianco in mostra e non sono concesse sfumature, come nella vita di Adolfina, in cui ogni caduta aspira a un immediato riscatto e la realtà esiste solo perché riferita alla consolazione di un sogno: l’altra faccia del cielo.

“Nulla sarebbe ciò che è, perchè tutto sarebbe ciò che non è, ed anche il contrario – ciò che è non sarebbe e ciò che non sarebbe, lo sarebbe. Vedi?”
(dal racconto di Lewis Carroll)
Alice’s tales si esibisce attraverso due sguardi speculari: davanti e dietro, piccola e grande, di rosso vestita.
In quest’opera Alice non rifugge Lolita, lo sguardo non evita lo specchio, la medaglia porge l’altra faccia, invitandola o condannandola a conviverci.
Su tre lastre di plexiglass trasparenti verticali di grandi dimensioni si delineano altrettanti alberi fioriti le cui gemme (oggetti ripetuti e disseminati in serie sulla chioma) rappresentano un elogio alla bellezza naturale e alla vita. Ogni riferimento/oggetto incastonato dall’artista è fiore di memoria, spazio di riflessione autoreferenziale, un messaggio e il suo inverso.
Il tema del bordo, della perdita d’identità, dello sguardo tinto di stupore di chi sta sulla soglia tra infanzia e maturità, alla ricerca di una prospettiva personale su ciò che di inatteso ci circonda, si formalizza in mostra nelle tredici scatole (aperte) realizzate dall’artista.
Sproporzioni, assenza di colore, numeri dispari e simboli ricorrenti (lo specchio, l’albero della vita, la rosa…) sono gli elementi ricorrenti sia del percorso espositivo presso U-MAN
sia della mostra precedente sempre dedicata ad Alice, realizzata a Vicenza presso Palazzo Valmarana.
Come descrive bene Michele Govoni, curatore del primo progetto, Adolfina de Stefani individua una sorta di geografia ambivalente: da un lato, infatti, essa individua lo spazio reale entro il quale lo spettatore si muove ed interagisce con le opere o con l'azione; dall’altro, essa sottolinea una descrizione tematica che si raffronta con il pensiero nella sua accezione più filosoficamente legata all’esistenza.
Non esiste privilegio per Adolfina che si abbandona alla vita come Alice: detta regole del gioco trasgredibili, evita ogni logica troppo adulta e vaga sospesa lungo Il Percorso, a tratti fuori forma, fuori luogo, fuori tempo.
“Io …
ho bisogno di sentimenti
di parole
di parole scelte sapientemente
di fiori detti pensieri
di rose dette presenze
di sogni che abitino gli alberi”
(Alda Merini)





mercoledì 16 novembre 2011

“OH PUN LEGS, ALICE!” For a geography of everyone’s life

Adolfina De Stefani : “OH PUN LEGS, ALICE!” For a geography of everyone’s life

Galleria Valmarana – PALAZZO VALMARANA BRAGA – Corso Fogazzaro 16 – 36100 VICENZA

12– 28 novembre 2011

inaugurazione sabato 12 novembre 2011, ore 18.00

ore 19.00 performance: “Attraverso lo specchio e quell che ALICE vi trovò”/ “Through the lookin-glass, and what ALICE found there” con la partecipazione di Camilla Vittoria Civardi e Chiara Beatrice Toniato

Presenta il critico: Michele Govoni

catalogo in galleria

ingresso libero

Sabato 12 novembre 2011 alle ore 18 .00 inaugura alla Galleria Valmarana, PALAZZO VALMARANA BRAGA di VICENZA la personale di Adolfina De Stefani dal titolo “OH PUN LEGS, ALICE!” For a geography of everyone’s life, un percorso/racconto dove le opere dialogano con gli spettatori come se, questi ultimi fossero invitati a leggere la mente che custodisce I ricordi.

Se è vero che "geografia" ha assunto più volte connotati differenti rispetto a quelli per i quali il termine era stato coniato, allora qui tutto comincia con una geografia: già perché, per quanto piccolo e racchiuso, lo spazio di una galleria d'arte in cui vi sia realizzato un percorso espositivo, definisce o, meglio, connota uno spazio geografico. Anche la fiaba, a modo suo, dà vita e ragion d'essere ad una geografia; la quale è, senza dubbio alcuno, polisemicamente legata ad una individuazione dello spazio del racconto e, al tempo stesso, ad una definizione di spazi e tempi particolari. Allo stesso modo un contesto performativo individua, percorre, identifica e spesso stravolge una geografia.

Dall'incontro tra queste geografie nasce "Oh pun legs, Alice!"; da queste e da quelle che scaturiscono come spazi della mente dalla creazione artistica.

Si dice che, in arte, l’allestimento sia parte integrante della mostra. In esso, infatti, coesistono I significati intrinseci del percorso proposto e l’aspetto più prettamente estetico delle opere esposte.

Aspetto, quest’ultimo, che, è bene precisarlo, non va sempre di pari passo con un concetto assoluto di estetica, ma si accompagna alla personale dimensione estetizzante dell’artista.

In Adolfina De Stefani questo concetto allestitivo, che si trova espresso a livello base, assume un ulteriore ed interessante sviluppo.

Esso, infatti, diviene elemento costitutivo dell’esposizione, ponendosi come ponte di collegamento tra il “fare” dell’artista ed il “percepire” del pubblico e portando con sé, in modo del tutto chiaro, uno o più messaggi. Questo ruolo di “portatore di messaggi” è insito nell’allestimento tanto quanto l’idea progettuale della mostra o della performance contiene in sé il complesso di quel messaggio stesso.

Ecco, quindi, come da un legame tra “ruoli” differenziati, nasce uno sviluppo condiviso di pensiero, espressione, messaggio e percorso.

Proprio nell’idea del “percorso” sembra trovare terreno fertile la ricerca di Adolfina. Aiutandoci con un buon dizionario, se andiamo esplorando il termine “percorso” individuiamo che esso racchiude uno spazio, un itinerario ben precisato, una sorta di demarcazione di tappe attraverso cui esporre, dimostrare, arrivare "al dunque" su qualche cosa.

Se, quindi, il termine percorso sta ad indicare un cammino, la mostra di Adolfina De Stefani individua una sorta di geografia ambivalente: da un lato, infatti, essa individua lo spazio reale entro il quale lo spettatore si muove ed interagisce con le opere o con l'azione; dall’altro, essa sottolinea una descrizione tematica che si raffronta con il pensiero nella sua accezione più filosoficamente legata all’esistenza.

Ecco, allora, che è la vita ad entrare in questo percorso di ricerca, richiamando in gioco le opere. Il tema favolistico di Alice, evocato dal titolo della mostra, svolge un doppio ruolo: da un lato richiamare lo stile Carrolliano condito di giochi di parole (Pun in inglese indica proprio il gioco di parole) e, dall’altro, ragionare su Alice come tema universale di bellezza scevra di ogni malizia.

Alice, quindi, diviene elemento di partenza, base su cui innestare un gioco di rimandi che, attraverso la pittura, la scultura e l'azione scenica della performance giunge ad offrire significati che vanno ben al di là dell'immediatezza percettiva.

La bellezza, sinonimo di purezza estetica, richiama, così, il tema del cammino; si cammina, infatti, alla ricerca di una bellezza intrinsecamente pura, arricchente nei suoi più insondabili misteri. Le scarpe sono simbolo di questo cammino; sono scarpe usate, delicate e aggressivamente pure, ma al tempo stesso sono il mezzo di trasporto, il liquido di contrasto attraverso cui “tastare” il polso delle proprie emozioni, il capo di abbigliamento che mette in relazione il nostro corpo con il mondo che vive lì ad un passo da noi.

Il medesimo mondo che, spesso, è specchio dei comportamenti umani; il medesimo specchio attraverso cui Alice, nella favola di Lewis Carroll, viene introdotta nel mondo meraviglioso ed incantato della sua immaginazione.

Se le scarpe sono il mezzo di introduzione nel cammino attraverso questo mondo nuovo, il cappello è l’accessorio che ci permette di apparire diversi in questo mondo. E‘ però un cappello irto di spilli, gli stessi che si conficcano nella “mezza coppia di pane ferrarese” che, trasfigurata nell’immagine di due gambe aperte fa aprire gli occhi inorridendo al pensiero della violenza che il mondo ci propone quotidianamente.

Se il cammino è un duro percorso irto di insidie e di pensieri, la “stanza bianca” si pone come obiettivo da raggiungere, elemento innaturale che, però, richiama il simbolo naturale per antonomasia: l’albero.

Pur nel suo essere svuotato dei suoi normali contesti cromatici, l’albero, sia esso solo rappresentato su di una lastra di plexiglass trasparente o sia, invece, realizzato in scultura, diviene elemento di congiunzione con la bellezza dell’inizio. Entrambe, infatti, sono bellezze naturali, intatte, prive di qualsiasi maliziosa bruttura.

“Oh Pun Legs, Alice!” contiene in sé tutti questi elementi, perché come simbolo, riassume la complessità dell’esistenza in alcune delle sue accezioni.

Spuntano così vestito e travestimento, spazio e geografia dell’anima, fantasia e realtà, raccolti tra il bianco e nero di una scacchiera che altri non rappresenta se non una società fatta e costruita di ruoli predefiniti. A chi tocca, se non all'individuo, la rottura delle regole del gioco? Il guardarsi allo specchio per calibrare le proprie capacità sulle richieste d'aiuto degli altri?

La risposta ce la offre lo speculum che Adolfina De Stefani ci mette a disposizione e che rimanda immagini di un mondo distorto, che ci accompagna, ci strattona, ci priva della cecità estetica e morale di cui, spesso e volentieri, la società di oggi è irreparabilmente affetta.

Ferrara, settembre 2011

Michele Govoni

venerdì 10 giugno 2011

MERIDIANO ACQUA - VENEZIA - Magazzini del sale "GARDINI"


performance di Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani con la collaborazione di Ingrid Zorin, Alice Brunello, Marianna Stefani. Venezia Magazzini del Sale "GARDINI" DORSODURO 263
domenica 5 giugno 2011

meridiano fuoco



performance di Adolfina De Stefani e Antonello Mantovani con la collaborazione di Donato Ceron . VENEZIA 5 giugno 2011 Ca' Zanardi Cannaregio 4132